Cosa è il nostro grande bracco italiano?

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Edgardo de Martino
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  • Edgardo de Martino

    #16
    Caro Roberto (Forcello) ti ringrazio per le parole che hai voluto spendere sul bracco e sulla caccia. La cosa che mi sono prefisso, intervenendo sul Forum, era ed è quella di discutere in maniera FORTE della nostra razza. Il fatto che l'amico Marzano ed io ci si trovi su posizioni diverse deve essere vissuto come un'occasione imperdibile. Il fatto che mi si possa dare ragione o torto non ha, invece, alcuna rilevanza. Converrà con me l'amico Marzano che proprio l'essere l'uno su una posizione e l'altro su una posizione diversa avrebbe dovuto facilitare una forte e come dice Lucio motivata discussione ed è quello che in definitiva deve vedere me e Marzano perfettamente d'accordo. In altri termini è cosa fondamentale che il Forum faccia propria , se vuole ,la tematica dell'uno o dell'altro, ma soprattutto esterni i dubbi, le perplessità, i timori,le preoccupazioni, senza le quali non vi è futuro. E' la certezza del cammino intrapreso che può essere un fattore pericoloso, giacchè essendo la famiglia del bracco piccola occorre molta fatica a costruire e mantenere, ma basta molto poco a distruggere . Ecco perchè io non mi stanco di ripetere siate cauti, siate cauti. Io mi sono iscritto per la prima volta alla Sabi vent'anni or sono e ricordo le baruffe tremende sui destini della razza. Quello che oggi vedo è questa pericolosa autogratificazione: tutto va bene, è il momento migliore per la razza. L'amico Marzano deve con me convenire che proprio attraverso la discussione possono nascere stimoli nuovi ed eventuali rimedi, se qualche errore è stato fatto. Ma anche ammesso che sia tutto rose e fiori, e così non è, il discutere deve essere il fine dei nostri incontri. E' l'omologazione che può essere pericolosa. Sentimenti di stima e di sincera amicizia mi legano a Marzano e sinceri sentimenti di gioia hanno accompagnato la fulgida carriera del suo Laerte, così come egli proverebbe soddisfazione e compiacimento nel vedere i miei bracchi a caccia: ma non gli perdono la certezza che tutto vada bene.
    Ciò detto l'invito che faccio agli utenti del Forum è di volere noi tutti prendere cognizione dello strumento che Massimiliano ci ha messo a disposizione: esso costituisce un mezzo dalle potenzialità enormi. Quello che non mi piace è che ci siano poche persone che intervengono e molte che leggono. Ditemi che non siete d'accordo con le mie tesi, ma sforzatevi di esaminare i problemi, non rimanete ciechi e muti innanzi alle problematiche che continuamente sollevo, anche in maniera provocatoria. Fate di questo sito il luogo ove il sacro fuoco della passione per la caccia e per i cani arda veramente. Che, poi, possiate propendere più per un'analisi da me sviscerata o verso una tesi sostenuta da Marzano non ha alcuna importanza e sono sicuro su questo di interpretare il pensiero anche dell'amico Lucio che ama questa razza con la mia stessa passione. Non è possibile che su certe tematiche, tanto meno rilevanti, ci siano 700/800 letture e 200 risposte, mentre invece su tematiche di tale importanza la stragrande presenza di voi resti muta. Ovviamente tutto questo non è indirizzato a te, amico Forcello, o a quanti sono intervenuti. Ma a coloro che leggono i nostri scritti senza intervenire, quasi fosse un teatro il cui spettacolo si esaurisci nel vedere e basta. Il vero spettacolo è quello della vita, e la caccia ne è una parte, e và vissuto sentendosi attore e non relegandosi nella sedia dello spettatore. Fate meno salotto e intervenite di più sulle tematiche che vi sottopongo e non abbiate timore di esprimere le vostre idee. Siate portatori Voi di nuove impressioni; dimostrate con la vostra gioventù, con la vostra passione, di volere Voi determinare le cose e non essere soltanto destinatari delle altrui determinazioni. Siate coevi al secol vostro, con ardore e con spregiudicata passione come faccio ancora io, in montagna quando vado a beccecce, pur avendo 61 anni. L'amico Marzano e io siamo lo strumento del vostro ardire, del vostro pensare, del vostro decidere e dei vostri pentimenti. Io e lucio siamo non più giovanissimi eppure abbiamo ancora la voglia e il desiderio di confrontarci. Neanche è a dire che abbiamo interessi da tutelare. Nè lui nè io facciamo gli allevatori e probabilmente lo stesso Lucio avrà fatto come me che da sempre regalo i cuccioli avendone voluto cedere per denaro neppure uno nell'arco di trent'anni. Leggete nelle sue righe e nelle mie, indipendentemente dalle tesi che ciascuno sostiene, la passione che ci spinge a parlare e fatelo anche Voi. Che sia la palestra della caccia anche maestra di vita, di forza, di piacere e soprattutto di sentimenti, di amori forti. Non nascondetevi nel silenzio ma abbiate l'orgoglio delle vostre idee, sempre. Spero di non avervi annoiato e vengo a quello che mi chiede il caro Roberto: e cioè con quali soggetti vado a caccia. Allo stato ho tre femmine. La prima ,che ha ben dodici anni ed è ancora in perfetta forma, da quest'anno sarà messa in pensione. E' stata la compagna di giornate irripetibili, il soggetto più importante che ho posseduto. Su di essa scriverò molto perche un tale ausiliare capita una sola volta nella vita di un cacciatore. Trattasi di una r.m., figlia di Dora ed Eolo di Montetricorno. Caccio, poi con una b.a. (Camilla, ottimo cane, ma ben lontana dalla grandezza della madre), figlia della cagna di cui sopra e di Zeus delle Crode (figlio di Titano). Dulcis in fundo utilizzo, per la sola caccia al beccaccino, una r.m. di quattro anni (Gaia), figlia di Camilla e di uno splendido maschio, che ora non ho più, nipote di Vagabund e figlio di un'altra importante mia femmina, grande cacciatrice e di gran stile morta a soli due anni. Un forte abbraccio a tutti. EDGARDO

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    • Alberto Auricchio

      #17
      Un saluto a tutti. Pur seguendo il sito da tanto tempo, mille ringraziamenti a chi ci ha dato questa possibilità, è la prima volta che intervengo. Non Vi ruberò molto tempo per la consueta presentazione: caccio quaglie e beccacce, ho due bracchi: un roano e un bianco-arancio.
      Ho seguito con estremo interesse quanto esposto dall’amico Edgardo che conosco da tanti anni e so della sua passione per i bracchi e per la sua immensa stima per Ciceri. Ho letto quanto risposto dal dr. Marzano e del contributo dato dagli altri interlocutori. Pochi, a dire il vero, mi auguro una maggiore partecipazione. Ho notato che la discussione si è sviluppata principalmente sul tema del roano-marrone. Ha ragione chi asserisce che è una questione di preferenza e i gusti non si discutono. Mi sembra però da non condividere che il bracco italiano è solo il bianco –arancio e che il roano debba scomparire per presunte immissioni di sangue segugio. Se ciò è avvenuto vale per tutti i due “ tipi “.ma il “Qualcuno” l’ha sempre smentito.
      Ho forti perplessità sui fagiani selvatici, non mi pare che si tratti di un uccello che da generazioni nasce e si riproduce in libertà. Comunque non è da paragonare ad altri selvatici neanche alla denigrata quaglietta, al beccaccino o alla beccaccia. I cani addestrati su quest’ultimi uccelli hanno altre caratteristiche venatorie spesso di maggiore qualità. Altro discorso sono le starne vere. Chi ha la possibilità di mandare i propri cani in Polonia o altrove lo faccia avrà sicure soddisfazioni. Ma in quanti possono farlo? Per quante volte? E per il resto del tempo……….? Non mando i miei cani sulle starne, non ne ho la possibilità, mi piacerebbe andarci comunque di persona, ma vado a caccia da settembre a gennaio su uccelli veri, chi ha questa possibilità non è snob ma solo fortunato.
      Sullo stato della razza non mi soffermo su quanto già osservato da Edgardo a proposito del Derby ma voglio riportarvi le considerazioni che feci dopo la lettura del nostro annuario, quello del 2004, relativamente alle prove in cui erano presenti anche gli spinoni: cavolo ma questi vincono sempre loro! Meditate gente meditate.
      Cordiali saluti.

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      • Valerio
        ⭐⭐⭐
        • Apr 2005
        • 4181
        • Torre del Lago Puccini, Toscana
        • Bracco Italiano

        #18
        Non posso esprimere un parere valido e motivato sulla stato della razza, me lo impediscono la giovane età e l'inesperienza, tantopiù che la questione è seria, profonda e assai complessa, veramente difficile da sviscerare. Concordo con Edgardo cmq, l'importante è che se ne parli, si rifletta e si faccia riflettere.

        Capisco appieno le perplessità di Forcello, sono pienamente d'accordo quando sostiene che la vera palestra per il bracco italiano (e per tutti gli altri cani da ferma) è la caccia, nessun dubbio. Fortunatamente oggi non servono 30 prove di lavoro per vedere una ferma, basta seguire una batteria per vederne almeno 5-6, ammesso ovviamente che gli animali ci siano. Ero sia a Poggibonsi che a Coltano, tanto per citare due prove, e posso parlare tranquillamente perché ho visto, e non erano certo fagiani stupidi con la testa sotto l'ala.

        A proposito di fagiani selvatici, lo dico per l'ennesima volta e so di non essere il solo, che è selvaggina assai difficile per il cane da ferma, di tutto rispetto. Il buon cane da fagiani deve avere una miriade di caratteristiche, certo bisogna aver visto, bisogna aver cacciato con continuità vecchi galli scaltri che non ne vogliono sapere di farsi mettere addosso le canne del fucile, bisogna aver insidiato questo selvatico con validi ausiliari, e credetemi non sono così frequenti.
        Da demistificare l'affermazione che sono tutti polli, tutti allevati o giù di lì; non è vero, i fagiani selvatici in molte zone italiane ci sono, e sono più di quelle che comunemente si crede. Non esistono solo starne polacche, beccacce e beccaccini, detto da un grande appassionato di quest'ultimo scolopacide, e andiamoci piano con le patenti di nobiltà a questo o quel selvatico, un grande cane lo si vede comunque su selvaggina vera! Altrimenti è inutile sostenere, con tutte le ragioni del mondo, che questi bracchi devono andare sul serio a caccia per poi snobbare certa selvaggina ancorché palesemente selvatica!
        Valerio

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        • pennino
          ⭐⭐⭐
          • Jul 2005
          • 2286
          • Rocca Priora, Roma, Lazio.

          #19
          periodicamente ricadiamo, nel cercare di dare un "valore" alla selvaggina. La mia passione sono le Beccaccie, ho la fortuna di vivere in una zona dove il passo è generalmente buono, ed i miei cani cacciano quasi esclusivamente regine, nelle vicinanze ho anche una voliera a cielo aperto, della Federcaccia, dove si ambientano i fagianotti, e vi posso assicurare che da novembre in poi quelli che restano sul terreno, a volte sono più difficili di una beccaccia, ovviamente ad Agosto quando si inizia ad allenare li troviamo imbrancati e stupidi...
          sigpic
          pennino

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          • Alberto Auricchio

            #20
            Devo premettere che di caccia al fagiano ho poca esperienza, ne ho incernierati diversi, ma solo occasionalmente, comunque ho una mia opinione su questo selvatico che potrebbe essere del tutto personale.
            Il fagiano che sopravvive all’anno di immissione è indubbiamente, come dice il Sr. Valerio, selvaggina assai difficile e un buon cane da fagiani deve avere una miriade di caratteristiche…..
            Ne ritengo sia selvaggina di valore inferiore rispetto ad altre. Per esperienza maturata e solo per questa, posso riferire che i miei cani,al cospetto di questo selvatico, hanno atteggiamento lungamente pistaiolo e comportamenti non graditi con altri uccelli. Ritengo sia selvaggina più adatta a cani da cerca, come fanno gli inglesi, anche se devo convenire che, grazie a questo selvatico si è sopperito alla penuria di uccelli in molte zone di caccia.
            Sicuramente la Vostra esperienza sarà diversa essendo questo uccello da Voi più comune.
            Cordiali saluti

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            • Edgardo de Martino

              #21
              Vedo con piacere che parliamo sempre più di caccia. Questo è un ottimo segno, significa che la passionaccia ci porta a discutere di selvaggina e del comportamento dei nostri cani. L'avere punti di vista diversi è logico ed è un patrimonio che questo Forum deve valorizzare; infatti solo sviscerando nei particolari il nostro convincimento potremo analizzare più compiutamente le caratteristiche dei nostri ausiliari, scambiarci esperienze ed essere di aiuto anche ai più giovani. Per quanto riguarda il fagiano, l'ho cacciato sia in Italia, anche in ottime riserve, sia in Iugoslavia. Ho avuto l'opportunità per tre anni di cacciare nel PKB, nelle vicinanze di Belgrado. Era l'ex riserva di Tito, ed aveva una estensione di molte migliaia di ettari: ricca di starne, fagiani ed anitre, a parte i caprioli in grandissimo numero. Ovviamente si trattava di animali assolutamente selvatici. Non ho mai avuto difficoltà con i cani. La grande differenza rispetto al fagiano che sparavo in Italia era la maggiore propensione a pedinare, ma soprattutto la forza del volo. Moltissime volte ho visto tirare per centinaia di metri prima di rimettersi, e la velocità del selvatico era ragguardevole al punto tale che era interessante anche spararli in battuta, perche il tiro, data l'altezza a cui si sparavano e la velocità di cui parlavo, era alquanto sportivo. Ho cacciato il fagiano anche in Irlanda, con amici del posto e con i loro pointers. A proposito di quella esperienza ricordo che i cacciatori locali impedivano in maniera assoluta che i propri cani riportassero dopo l'abbattimento, perche erano convinti che tale esercizio potesse affievolire l'istinto della ferma. Ho assistito con i miei occhi ad un calcio del fucile quasi spaccato sul d'orso di un cane per impedirgli di abboccare. La seconda volta che sono tornato in Irlanda, in altra circostanza vi raccontero i particolare, ho avuto la gioia di vedere il mio bracco in ferma su.......... indovinate? I cacciatori italiani che erano con me e che non vollero portare i propri cani, i sig. Arturo D'Andrea ed il Prof. Laurini, entrambi appassionati di setters, rimasero talmente contriti dall'incontro che avevo fatto con il mio cane e dai due capi abbattuti, che al rientro in Italia mi costrinsero a regalare loro i due selvatici per farli impagliare e fare bella mostra nella loro collezione. A Napoli vi sono due.........impagliate, nelle vetrine di due amanti del setters, frutto di due bellissime ferme di un bracco italiano. Quello che per onestà devo confessarvi è che al momento dell'abbattimento la caccia a quel selvatico era chiusa, ma l'occasione era troppo ghiotta, e ritenni che un peccato si potesse fare. A presto e tantissime cordialità.
              EDGARDO

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              • Valerio
                ⭐⭐⭐
                • Apr 2005
                • 4181
                • Torre del Lago Puccini, Toscana
                • Bracco Italiano

                #22
                grouse? vado quasi alla cieca, non so neppure se ci sono in Irlanda!
                Valerio

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                • Lucio Marzano
                  Lo zio
                  • Mar 2005
                  • 30090
                  • chiasso svizzera
                  • bracco italiano

                  #23
                  Comincio dal fondo rispondendo, all'amico de Martino dico che sono perfettamente in sintonia con lui sul fatto che abbiamo le stesse motivazioni di fondo, cioé l'amore per la razza, ed anche sul fatto che le discussioni, anche accanite, sono produttive se fatte in buona fede e se ognuno porta oggettivamente le proprie esperienze e le proprie convinzioni ed anche io sarei lieto se alle discussioni i protagonisti fossero più numerosi.Quindi nessuno si preoccupi, il discutere non intacca minimamente l'amicizia e la stima reciproca e guai se così non fosse.
                  A Forcello dico che che parlavo di Bracchi Italiani e posso affermare che la maggioranza di quelli di oggi è più valida
                  della maggioranza di quelli di venti/trentanni fa perché li ho visti personalmente e quindi ho usato lo stesso criterio di valutazione.
                  Fusetti ha fatto un indagine statistica, basata cioé sui numeri e credo non possano esserne discussi i risultati finali. Si possono invece fare delle considerazioni, come quelle che ha fatto Grecchi, che vede nei roani più problemi di quanti ne abbiano i B/A e ,giustamente, teme che gli amatori se ne disamorino abbandonando il R/M a favore dei B/A.
                  Riguardo all'istinto di ferma non andrei a generalizzare, se è vero che ci sono soggetti restii a fermare è anche vero che ce ne sono moltissimi che sono fermatori sicurissimi, la selezione non è mai finita, ecco perchè vanno utilizzati in riproduzione soggetti SICURAMENTE testati e c'é modo migliore per verificare la ferma delle prove ? poi si potrebbe dire che si notano diffcoltà a concludere l'azione, difficoltà che si constattano su selvaggian vera (per lo più fagiani, con buona pace di chi li snobba) che si sottrae di pedina e richiede che il cane sappia ragionare e non forzare e qui la carenza non è tanto dei cani quanto dei padroni che non li portano abbastanza a caccia di selvaggina VERA !!! e questo vale anche per il riporto(a maggior ragione per il recupero) e per la capacità di andare in acqua.


                  lucio

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                  • Edgardo de Martino

                    #24
                    All'amico Marzano risponderò nei prossimi giorni sui punti sollevati nello scritto che mi precede e che non mi vedono d'accordo. Per il momento cerco di inserire nel Forum una trentina di foto dei miei cani attuali e dei posti di caccia di cui ho parlato. Sono davanti al computer da più ore ma trovo difficiltà, infatti sono riuscito a inviarne solo quattro. Ho un problema che riguarda il mio apparecchio, ma riuscirò a risolverlo, basta avere pazienza.
                    Deidero ritornare brevemente a Valerio e confermargli come è giusto che sia che i due selvatici incarnierati in Irlanda erano Grouse. Ando così: Il mio amico D'Andrea era stato spesso invitato ad andare a caccia in Irlanda del Nord da un suo conoscente, di Sorrento, che si era stabilito a Belfast e vi aveva aperto un ristorante italiano, dopo avere sposato una simpatica sigrorina del luogo. Gli affari andavano a gonfie vele ma come tutti i meridioneli moriva di nostalgia. Da qui l'invito ad andare a Belfast, assicurandoci che avrebbe provveduto egli ad ogni permesso necessario. Le perplessità sussistevano soprattutto in ordine al trasporto dei cani, in quanto non vi era un volo diretto ma si era costretti a fare Napoli-Roma in auto, poi Roma-Londra-Belfast. Un viaggio lungo per i cani. Decidemmo di partire, ma solo io con apposita cassa mi convinsi a portare Gaddo. Non mi dilungo su questa cacciata perchè ci vorrebbero molte pagine. Comunque beccammo una gelata straordinaria: il lago sul quale avremmo dovuto cacciare le anitre era gelato e delle tante beccacce promesse, a causa delle condizioni meteo, c'era ben poco. Ci dedicammo, pertanto ai fagiani ed alle regine che comunque si riuscivano a ragranellare, con grossi sforzi. IL quarto giorno fui colto da un fortissimo mal di capo e mentre i miei amici ed i cacciatori locali si allontanarono in direzione dei boschi che si intravvedevano lontano ,alla sinistra della strada, io mi mi presi due pastiglie di Saridon e mangiai qualche biscotto, sperando che il dolore si alleviasse. Dopo cira mezz'ora, mi sentivo effettimamente meglio, aspettai ancora un poco, poi spazientito dall'attesa decisi di avviarmi con Gaddo dall'altro lato della campagna, verso la piana. Non era una decisione facile, perche i locali ci avevano dato precise raccomandazioni di non cacciare soli, ma quante volte anche voi, presi dalla passione, avete fatto tutt'altra cosa , rispetto a quello che la ragione vi suggeriva? Mi incamminai con il cane sperando di levare qualche beccaccino. Dopo una mezzora di cammino infruttuoso, mi fermai ad accendere un sigaro ed in quel momento persi di vista Gaddo. Mentre tiravo le prime boccate del mio toscano, vidi sulla mia sinistra il cane in ferma a circa una ottantina di metri: pensai finalmente un beccaccino. Mi avvicinai a Gaddo e controllai la sicura della mia doppietta. Avevo in canna due cartucce MB pb.9 senza contenitore . Arrivato a 7/8 metri dal cane vidi partire due uccelli: identica posizione delle ali della starna, stesso volo, ma quanto erano più grandi e poi il colore, erano rossicce. Avevo letto anni prima un'articolo sulla Scozia e sui tetraonidi, riconobbi subito le grouses.
                    Mi si fermò il cuore in petto, per un attimo pensai alle raccomandazioni ricevute, ed alla assoluta proibizione di tirare a quel selvatico, oltremodo protetto, ma fù una questione di attimi, non ci pensai troppo e tirai un colpo. Vidi un selvatico abbattersi e non posso dirvi perchè non sparai il secondo colpo, seguii l'altro uccello e lo vidi calare duecento metri più avanti. Rimasi qualche attimo sconcertato ed indeciso su cosa fare: se recuperare subito la grouse abbattuta e rifugiarmi in auto o vista la fortuna continuare fino alla fine. Ovviamente scelsi questa seconda soluzione, ero in uno stato di grossa eccitazione e ,diciamoci la verità ,il fuoco o arde davvero oppure non è tale. Nascosi l'uccello che Gaddo mi aveva riportato e mi avviai velocemente nella direzione che avevo marcato; avviai il cane sulla mia sinitra per fargli prendere il vento di faccia e nel frattempo sostituii le cartucce inserendo piombo sette. Dopo pochi minuti, si ripetè la stessa scena: Gaddo in ferma catalettica, tutto teso: parte la seconda grouse, forse preso dall'emozione, che era tanta ,sbagliai il primo colpo,ma la sorte che aiuta inaspettatamente, non mi fece fallire la seconda canna e così anche la seconda era incarnierata. La presi dalla bocca del cane, lo abbracciai con tutta la mia gratitudine e mi incamminai velocemente, molto velocemente verso la macchina. Non vi dico cosa accadde quando gli altri tornarono all'auto: scoppiavo dal desiderio di far vedere il mio carniere, ma era necessario non farlo prima che i locali se ne fossero andati. Dovetti aspettare molto, ma alla fine stetti mezz'ora, si fa per dire, a stropicciare quei meravigliosi esamplari sotto il naso dei miei amici annichiliti. Un forte abbraccio. EDGARDO.

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                    • colpetrosa
                      ⭐⭐
                      • May 2005
                      • 748
                      • PETRITOLI, FERMO, Marche.
                      • BRACCO ITALIANO

                      #25
                      Mi scuso per il notevole ritardo, ma ammetto che trovo difficile rispondere a De Martino poiché quando scrive appare come un fiume straripante in piena. Difficoltà non certo legate alla chiarezza delle sue lucide riflessioni, ma soprattutto alla quantità di argomentazioni proposte.



                      Ci proverò!

                      Non so perché De Martino mi giudica nemico del roano marrone, quindi del bianco marrone.
                      Nessuna mia affermazione in tal senso è stata mai fatta da me su questo sito.
                      Quando capivo meno di bracchi, per paura del bracco tedesco me ne sono tenuto lontano ed è vero, ma attualmente, ed anche dall’analisi storica sulla razza che andrò a fare, apparirei solo un incoerente.
                      L’incoerenza è uno dei difetti per me più gravi in una persona.

                      Attualmente su dieci bracchi in mio possesso, cinque sono bianco arancio, due bianco marrone, tre roano marrone.

                      Il contributo alla razza apportato dal roano marrone per me è pari al 50%. La manifestazione fenotipica del mantello obbedisce soltanto ad una banale legge del calcolo delle probabilità che oscilla più favorevolmente verso il bianco arancio 10-15 % rispetto al roano.
                      Infatti da accoppiamenti tra bianco arancio, quasi mai nasce un roano. Mentre da un accoppiamento fra roani nasce anche qualche bianco arancio.

                      La predilezione per il bianco arancio è solo meramente estetica.
                      In esposizione un arancio carico è accettato, mentre un roano carico no, viene penalizzato.
                      Eppure sono due facce diametralmente opposte della stessa medaglia.
                      Bianco arancio carico x roano marrone normale, per forza di cose porta a roani molto carichi nell’intensità del pigmento.
                      Purtroppo bisogna guardare al tipo di coda del soggetto (grossa all’attaccatura che decresce) come pure al suo portamento (tante se ne vedono a cipresso o quasi) più che al colore del mantello.

                      Ferme dure / fermano meno / cani più timidi / paura del colpo di fucile.

                      Innegabile l’aumentata nevrilità del bracco italiano e quindi il maggiore dinamismo. La ferma dura (credo meno preparata) né è una conseguenza per il timore di arrestarsi in ferma troppo tardi e quindi causare degli frulli, (condizionamento dovuto alla preparazione per le prove).
                      Il bracco che caccia senza condizionamenti si lascia guidare dal naso ed usa gli arti per dirigere lo stesso sulla selvaggina e non viceversa come succede in tutte le razze da caccia di oggi nelle prove di lavoro.
                      Infatti il dresseur è solito dire via, via, via, via, bè, sono trppi via = sfrulli.

                      Il bracco oggi in prova deve andare alla massima velocità. Ed il naso? Capata solo quello che gli viene a tiro. Gli arti invece devono essere sempre a servizio del naso e non viceversa, tanto a caccia come in prova.
                      Il soggetto che si preoccupa di andare soprattutto veloce ovviamente ferma meno, ma non perché non ferma, perché è costretto a commettere più errori.

                      Esistono soggetti che al cospetto del selvatico "perdono il lume della ragione" e se iniziati su surrogato di selvaggina prendono abitudini che potrebbero portare più ad abboccare che fermare.
                      Chi mi conosce bene sà come io ripudi e non consideri tutto ciò caccia, anzi danno ai cani ed alla selezione della razza.

                      Timidezza e paura del colpo di fucile vanno di pari passo, conseguenza soprattutto della modesta convivenza del cane con il proprietario oltre al ridotto imprinting in allevamento.
                      Conseguenze legittime di un mondo che va sempre più in fretta e dove non tutto è perfettibile come il mondo tecnologico che sempre più invade il nostro modo di vivere. La natura ha da sempre conservato i propri ritmi.


                      Vero che Buroni è stato da sempre un bastian contrario soprattutto credo, per naturale spirito di contraddizione, un po’ come Ginettaccio, “lè tutto sbagliato, lè tutto da rifare”

                      Tra le sue critiche ricordo comunque, un po’ come fa Edgardo sui risultati del Derby, quelle frequentemente esternate alle prove, le ultime prima che ci lasciasse, il raduno di Terni, o quelli meno recenti, come i raduni di Salse di Nirano, di Casalecchio di Reno, dove criticava gli scarsi risultati di classifica in relazione al numero di partecipanti, lamentando scarsa capacità d’incontri e di saper trattare selvaggina autentica da parte dei soggetti partecipanti.

                      Le prove di lavoro obbligano il concorrente, per forza di cose e di regolamenti scritti, ad espletare cerche molto più geometriche, animate da una maggiore dinamicità, che non sempre a caccia sono necessarie o siamo costretti a pretendere.
                      In prova invece, il cane, oltre a svolgere una cerca che, oltre a soddisfare il reperimento della selvaggina, deve ostentare una maggiore piacevolezza estetica della funzione espressa ed in ambienti che il più delle volte, per consentire al giudice il costante controllo visivo del concorrente, svolta la dove la selvaggina, con le dovute eccezioni, è meno presente.

                      Sappiamo bene come in caccia pratica si corra moltissimi rischi nel dirigere il cane in cerca in terreni coperti e boscati, sicuri recessi di buoni selvatici, ma dove frequentemente la richiesta del punto non è quasi mai seguita dalla puntuale presenza del giudice che, nel vedere l’involo del selvatico, decreta l’esclusione per frullo in quanto non era nelle condizioni di osservare costantemente l’azione del cane.

                      La velocità espressa dai bracchi italiani in cerca nelle classiche a quaglie, se le stesse fossero naturali, provocherebbe si pochi sfrulli, ma sicuramente tantissima selvaggina inutilizzata e lasciata indietro sul terreno.
                      Conseguente ad elevata velocità ed alla flebile emanazione delle quaglie naturali, rispetto alle puzzolenti gabbiarole.

                      Ma non possiamo confondere la spettacolare teatralità delle classiche a quaglie con una iniqua, se pur vera, azione di caccia a quaglie selvatiche.

                      Con ciò voglio affermare che le prove sono una cosa e la caccia un’altra.

                      Condivido che con un bracco italiano si possa e debba fare entrambe le cose, ma poi per ottenere prestazioni atletiche e risultati di alto rendimento, quindi alte qualifiche in prova, solo il dresseur sa quanto deve faticare per reinquadrare un soggetto, particolarmente se ancora giovane.

                      Giustamente anche loro hanno il diritto di campare con il loro lavoro.
                      Se esistono dubbi su queste mie osservazioni basta raccogliere le idee a tal proposito di Tognolo, Rebaschio, Bottani ecc. ecc.

                      Altra grande critica di Buroni fu la modifica dello standard morfologico, linea superiore del tronco ed inclinazione della groppa.
                      Polemicamente sosteneva che non riuscendo qualcuno degli addetti ai lavori ad adattare i loro prodotti allo standard vigente, avevano trovato più facile modificarlo alle loro esigenze.

                      TESI CHE NON SPOSO E NON COMMENTO.
                      Anzi voglio ampiamente rassicurare coloro che a suo tempo pensarono ci fosse la mia mano dietro le contro deduzioni tecniche scritte da Buroni per ostacolare quella modifica.

                      Se pur non giovanissimo, non avevo sufficiente esperienza braccofila per disquisire con profonda cognizione di causa l’argomento in questione.

                      Ad onor del vero, ancora oggi tantissimi sono i soggetti che vediamo con linea superiore interrotta all’undicesima vertebra dorsale, (mi auguro non si faccia confusione con linea superiore del dorso “lordosica”, quindi con difetto zootecnico d’insellatura più o meno accentuata) a riprova che si cambia lo standard ma la genetica, se non si è intervenuti con immissioni di geni impropri, fa fatica a cambiare.
                      Per forza di cose una siffatta costruzione tende a mio modo di vedere, a sfavorire il trotto, a vantaggio del galoppo, particolarmente se i soggetti avessero angolazioni degli arti molto aperte (questione già ampiamente discussa in altro post). Come analoga analisi è stata già effettuata per la maggiore o minore inclinazione della groppa.

                      Vero è che la dinamicità dei bracchi di oggi è aumentata, ma se andiamo a vedere le genealogie dei soggetti registrate nel sito ad esempio, sono figlie di un quasi unico patrimonio genetico, minimo in 3°- 4° generazione, per non dire addirittura in 2°, sono tutti parenti.

                      Quindi mi sento di affermare che, se da un lato è un bene per la qualità (omogeneità) della razza (stato di omozigosi), dall’altro è un male per il patrimonio genetico che la stessa esprime (scarse opportunità di ricorrere all’eterozigosi).
                      Pochissime sono infatti le possibilità di attingere da correnti di sangue ove non vi sia un minimo di parentela.
                      Interventi che di tanto in tanto sono indispensabili per ridare “linfa genetica” o meglio vigore genetico alla razza stessa.

                      Per meglio comprendere, con l’accoppiamento tra due razze pure es. bracco italiano x pointer avremo soggetti che esprimeranno un’ esplosione in positivo di tutte le qualità, decisamente superiori ai genitori che hanno concorso nel generarli, come il carattere, l’abnegazione, la passione, la maggior resistenza alle malattie ed alle fatiche ecc. ecc.
                      Quindi performans decisamente esaltate.
                      Questo fenomeno viene definito in genetica “lussureggiamento dell’ibrido”.

                      Va da sé che l’accoppiamento in condizioni di parentela (consanguineità) porta sì, ad una maggiore omogeneità dei prodotti, ma ad un continuo e progressivo indebolimento genetico della razza.
                      Con un maggiore appalesarsi di difetti geneticamente trasmissibili fra i quali caro Edgardo ci stà anche e soprattutto la TIMIDEZZA, carattere sensibile ed in parte, ma solo in parte, il timore del COLPO DI FUCILE

                      QUESTO È QUANTO AVVENUTO NEL PERIODO CRITICO, BELLICO-POSTBELLICO.

                      Pensare che la razza dopo tale periodo, ridotta numericamente al minimo di sopravvivenza, possa essere stata ricostruita senza immissione di sangue estraneo, è pura ed illusoria utopia.

                      Possiamo tranquillamente farci le masturbazioni mentali che voliamo, se la cosa ci fa piacere, ma valutando razionalmente la situazione di allora, sappiamo che diversamente dal ricorso a meticciamenti vari, la razza non sarebbe stata ricostruita.

                      Esistono di ciò testimonianze fotografiche.
                      Buroni mi mostrò diverse foto di soggetti dell’epoca, che purtroppo dovetti restituire ma spero siano state lasciate in eredità a Fausto Fiocchi, delle quali per caso me ne rimase una, che in futuro vi mostrerò. Alcune sono visibili sui libri in circolazione sulla razza.
                      Altre, “solo come immagini”, appartengono alla memoria storica di braccofili viventi (vedi Paolo Rutigliano).
                      Dall’accoppiamento tra il campione di bellezza Abignente (dell’avv. Camillo Valentini) con Nanà di Montepetrano, nacquero dei mezzi pointer (citazione di Mario Buroni).
                      L’Alma di Montepetrano, del Dott. Mainardi, a sua volta accoppiata con Ercole figlio di [Asso dell’Asolano X Juna di Primarosa figlia a sua volta di (Umago x Loly)], ha generato Brontolo di cui mostrerò alcune foto.

                      I coniugi Panareo, dell’allevamento “Truentum”, accoppiarono due soggetti acquistati, e non dico dove, ..…. dai quali ottennero qualche soggetto marrone (fegato) a pelo lungo, una femmina pietisticamente regalata ad un cacciatore, Giuseppe Panichella di Civitanova Marche, di cui sono stato oculare testimone. Anche Paolo Rutigliano ne è stato testimone oculare diretto dell’evento, in quanto molto amico della compianta Signora Panareo.

                      Contrariamente a quel che pensa il Signor De Martino, la cosa non mi ha mai scandalizzato, poiché reputo che nel momento storico a cui facevo riferimento, si è dovuta fare di necessità virtù.

                      Quindi tributo “loro” il massimo plauso, per l’arte e la sapienza in genetica, con cui hanno compiuto l’opera di ricostruzione della razza di cui oggi possiamo godere.

                      Spero che De Martino, da quanto esposto, possa comprendere come le mie affermazioni non fossero certo irriverenti o critiche verso il grande Paolino Ciceri, (al quale non son degno di lustrargli nemmeno le scarpe) o quanti si sono occupati della ricostruzione della razza nell’epoca critica.

                      E’ innegabile che per programmare un futuro, bisogna prendere piena coscienza di un presente, conservando sempre la massima memoria storica delle situazioni avvenute e farne tesoro.

                      Quindi nessuna critica a nessuno!
                      Ma solo personale analisi storica della razza, oltre ad una profonda coscienza del giusto e quindi della verità sulla razza.


                      Luigi Marilungo

                      colpetrosa

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                      • Lucio Marzano
                        Lo zio
                        • Mar 2005
                        • 30090
                        • chiasso svizzera
                        • bracco italiano

                        #26
                        <div align="center" id="quote2"><table class="quote"><tr><td class="quotetd"></td></tr><tr><td class="quotetd2"><span class="quotetext">La predilezione per il bianco arancio è solo meramente estetica</span></td></tr></table></div align="center" id="quote2"> concordo

                        <div align="center" id="quote2"><table class="quote"><tr><td class="quotetd"></td></tr><tr><td class="quotetd2"><span class="quotetext"> Vero è che la dinamicità dei bracchi di oggi è aumentata, ma se andiamo a vedere le genealogie dei soggetti registrate nel sito ad esempio, sono figlie di un quasi unico patrimonio genetico, minimo in 3°- 4° generazione, per non dire addirittura in 2°, sono tutti parenti.</span></td></tr></table></div align="center" id="quote2">
                        si, se però i pedigree fossero veri e, come dici anche tu,
                        qualche GROSSO dubbio in merito c'é
                        <div align="center" id="quote2"><table class="quote"><tr><td class="quotetd"></td></tr><tr><td class="quotetd2"><span class="quotetext">Pochissime sono infatti le possibilità di attingere da correnti di sangue ove non vi sia un minimo di parentela.
                        Interventi che di tanto in tanto sono indispensabili per ridare “linfa genetica” o meglio vigore genetico alla razza stessa.</span></td></tr></table></div align="center" id="quote2"> concordo in pieno, questo è il ptoblema più grosso della razza, gli altri ne sono una conseguenza

                        <div align="center" id="quote2"><table class="quote"><tr><td class="quotetd"></td></tr><tr><td class="quotetd2"><span class="quotetext">Pensare che la razza dopo tale periodo, ridotta numericamente al minimo di sopravvivenza, possa essere stata ricostruita senza immissione di sangue estraneo, è pura ed illusoria utopia.</span></td></tr></table></div align="center" id="quote2"> assolutamente d'accordo ed anche
                        credo vi siano state "immissioni" nell'ultimo decnnio.

                        <div align="center" id="quote2"><table class="quote"><tr><td class="quotetd"></td></tr><tr><td class="quotetd2"><span class="quotetext">E’ innegabile che per programmare un futuro, bisogna prendere piena coscienza di un presente, conservando sempre la massima memoria storica delle situazioni avvenute e farne tesoro. </span></td></tr></table></div align="center" id="quote2">
                        sottoscrivo in toto !!!!!

                        aggiungerei che le razze canine sono state concepite e costruite dall'uomo e che hanno riflettuto le esigenze del luogo e del momento storico in cui sono nate e mi sembra logico, che come la lingua, così le razze canine DEBBANO evolvere seguendo il mutare delle esigenze e la società specializzata dovrebbe, a mio avviso, sorvegliare questa evoluzione, NON impedirla !!!!



                        [quote]
                        lucio

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