E’ sera e ci si appresta negli ultimi preparativi per la giornata di domani, è una sorta di tradizione che si ripete ogni volta, si sceglie con cura l’abbigliamento più adatto e funzionale in base all’habitat che si decide di attraversare e alle condizioni meteo previste; si mettono nelle tasche del gilet tutte le attrezzature necessarie per questo tipo di avventura: l’immancabile coltello, il gps, il fischietto, la calamita per il beeper, la scatoletta del pronto soccorso e un vecchio campano porta fortuna. Nella tasca interna poi, si sistemano con cura i documenti ed il libretto venatorio segnando la giornata in anticipo con tanta speranza, immaginando chissà quale incontri emozionanti. Scelgo con cura una manciata di cartucce da portare, perché so che la regina, non ti regala possibilità di spararne molte quindi preferisco tenermi leggero. Prendo il mio sovrapposto dalla rastrelliera, me lo guardo, lo accarezzo, e ripongo in lui la speranza di non sbagliare se arrivasse l’occasione tanto desiderata. E’ tutto pronto, gli scarponi al solito posto, i vestiti sulla sedia, nel fodero lo schioppo e lì in un angolo della mia camera dalla poltrona c’è qualcuno che mi scruta, all’apparenza sonnecchiando, tra uno sbadiglio e l’altro, mi guarda, sa che ancora non è ora, è Griso, il mio bracco, compagno di mille avventure. E’ ora di metterci a letto, anche se il sonno tarda ad arrivare, è un insieme di emozioni, di speranze, che come un vortice ti assalgono tra mille pensieri. Questa è l’attesa della caccia, pensieri che pian piano si tramutano in sogni, i sogni del beccacciaio.
Ore 4.45 come tutti giorni suona la sveglia ma questa mattina ha un sapore diverso, è un suono atteso che ci fa alzare con il sorriso comunque c’è chi mi ha anticipato, prima che io toccassi terra è già ai piedi del mio letto. Mi guarda sotto la luce fioca della lampada, scodinzola, lui sa…il tempo di prepararmi, bere un caffè e siamo sulla jeep. E’ ancora buio, tra l’oscurità del cielo si intravede il grigio delle nuvole che coprono le mille stelle della notte, l’asfalto è bagnato, e si sente l’odore dell’umidità, quell’odore classico di novembre che noi cacciatori di beccacce conosciamo a memoria, e lo attendiamo per mesi. Questo per me è un momento magico, viaggiare di notte per strade deserte, in direzione di vecchi boschi, teatro di emozionanti cammini, pensando a cosa mi riserverà la giornata. Mentre mi immergo in mille pensieri guardo il cielo pian piano schiarirsi e i boschi intorno a me prender forma, siamo quasi arrivati e nell’ultimo tratto vedo esplodere in alto i colori dell’alba contornati dalle nuvole bianche. Che magnifico spettacolo penso tra me ed ogni giorno ha un sapore diverso, un momento questo che solo pochi hanno il piacere di assistere, perché oramai la società di oggi è troppo impegnata e vive senza aver il tempo di fermarsi a guardare ciò che c’è intorno a noi.
Arrivato sul posto mi accoglie il profumo del bosco, le tante macchie di colore delle foglie autunnali sembrano quasi che sia capitato sulla tavolozza di un pittore, il canto dei fringuelli, dei merli e lo zirlo dei tordi ti riempiono il cuore di speranza, i raggi di sole colpiscono lateralmente il vecchio versante di nord est e illuminano la nebbia umida che avvolge il bosco, è un sublime spettacolo per i sensi.
Faccio scendere il “cavallo scalpitante” e dopo averlo accarezzato, giunge il momento tanto atteso, lo sgancio. Una corsa folle gli fa percorrere una centinaio di metri per poi cominciare ad annusare qua e la, marcando il suo passaggio e tornando al mio fianco, attraversiamo il sentiero tra i castagni, per giungere al punto di partenza del nostro cammino. Una piana tra i colli e alla nostra sinistra la sommità di uno di questi, il tutto abbracciato da castagni e querce d’ alto fusto, il sottobosco è un labirinto di pungitopi e piccole rovete che fanno da rifugio ideale per fringuelli, passeri, merli e chissà magari per quella “nobil signora”; il fondo poi sembra giusto, sotto un leggero tappeto di foglie cadute, strati di terra umida e foglie macerate, dal quale si erge un profumo che sicuramente svela i rigorosi banchetti della regina.
In questa sceneggiatura dell’immenso teatro si muove il protagonista, l’unico vero cacciatore, che col suo fiuto cerca chi si nasconde, e chi tenta di beffar i suoi avventori. Il mio italico venante si muove con scioltezza, alternando a galoppi potenti, un trotto elegante, sale e scende per i canali brandeggiando con cura ogni anfratto fino a trovare e ispezionare quelle vallette nascoste a mezza costa che danno a pensar di essere veri e propri luoghi di rifugio. Lo seguo in silenzio guardandolo ed ammirandolo con quanta diligenza vi si dedica, è una passione, che secondo me lui ha nel sangue, intorno a noi c’è silenzio, interrotto solo dal frusciar delle foglie secche sotto gli scarponi, e dalla voce degli alberi che tra il tenue vento e le ultime foglie cadenti ci avvisa che l’inverno è alle porte. E’ in questo momento che ti accorgi di essere fuori dal “tuo mondo”, errante per i sentieri di un bosco ti immergi nei pensieri, nelle speranze, nei tuoi sogni. Con il tuo cane capisci presto che bastano dei gesti per comunicare, lui ti guarda, e continua a cercar quel fantasma che sembra non ci sia…e così dicevan i vecchi: “il bosco te ne sarà grato”. Ad’un tratto scorgo nel basso del fossato il bracco risalire a mezza costa cambiando atteggiamento, alzare la testa, e seguire col naso, quasi sospeso su di un filo nell’aria. Il movimento di coda mi fa capire che qualcosa è nei paraggi, Griso dopo aver per un attimo accelerato, diventa cauto e tra i bassi pungitopi lo vedo col far da gran cacciatore, arrestarsi. Il fiato diventa corto, il cuore in gola, mi devo avvicinare penso subito, cosi comincio la discesa e di fronte vedo Griso venirmi incontro guidando. Sono attimi interminabili e di colpo vedo lei, uscir in aria come se fosse stata sparata da un cannone, e tra la vegetazione come tutte le regine volar verso la luce del sole. Nonostante io sia preparato vengo colto di sorpresa, la signora mi scavalca volandomi sopra la testa e accecato dal sole tento due tiri ma senza nemmeno sfiorarla. Non mi resta che ammirarla mentre vola via tra la vegetazione e scorgere la sua direzione. Il Bracco è stizzito sempre quasi volesse chiedermi perché hai sbagliato ma comunque si rimette subito in cerca e dopo essersi perso per qualche minuto nella pastura mi segue e saliamo sulla sommità della costa. Lui apre a destra e sinistra accelerando, la paura che potesse anticiparmi di troppo e involare la regina mi perseguita, sicuramente sarà nervosa e al primo rumore ricorrerà alle ali penso, quindi lo richiamo e cerco di stringerlo più a me. Sembra quasi mi capisca nell’intento e rallentando mi da modo di stargli a tiro. Mentre penso a mille strategie, vedo Griso avvicinarsi ad un gruppo di castagni con sotto un fitto cespuglio di pungitopo, quindi mi affretto a raggiungerlo e lui si ferma. Era come pensavo, testa alta e immobile trema, davanti a noi c’è lei, guardo bene e ad un tratto la scorgo involarsi a nemmeno una decina di metri tra la vegetazione, d’impeto tiro di stoccata e la vedo cadere sulla sinistra. Il rumore della fucilata riecheggia per la vallata, ed il fumo dalla canna mi fanno ricordare di esser stato io il “carnefice”, torna il silenzio, e mentre un nodo in gola mi sale, veder tornare il mio bracco con in bocca lei, mi rasserena, gli occhi di Griso sembrano gioire e ripagato delle fatiche spese, scodinzola portandomi fiero il suo pensiero. E’ bellissima, quel suo marrone mi fanno ricordare le foglie d’autunno, ed i suoi neri occhi di fata mi ipnotizzano e mi fanno immaginare i luoghi stupendi in cui ha vissuto. Mentre accarezzo il suo piumaggio soffice mi chiedo come faccia a sopportare il freddo e le insidie delle sue rimesse e so che tutto questo è un emozione che nient’altro me lo saprà dare. Ammirata come giusto che sia penso a come poterla onorare in cucina e come magari deliziare i palati dei miei commensali più cari tra l’intimo tepore di un fuoco acceso davanti ad un buon bicchier di vino.
Alzo gli occhi e cerco Griso, che nel frattempo è sparito, dopo un fischio sento il beeper di nuovo sotto il fossato, mi incammino e dopo qualche minuto vedo venirmi incontro tra il fragore delle foglie il mio bracco. Sembra quasi che mi dica che non è ora di tornare e che la caccia è ancora lunga, allora mi incammino insieme a lui e mentre risaliamo il fossato nel versante opposto ci indirizziamo verso una gola dove ci sono altre rimesse. Il terreno è tutto scosceso molto più umido, tanto da render difficoltoso ogni movimento, cosi preferisco scaricare l’arma per aver maggior sicurezza, mentre mi gusto la sua cerca tra le salite e le discese attento come sempre alla minima avvisaglia. Il senso di serenità che si prova nel bosco, dopo aver incontrato una regina è qualcosa di indescrivibile, ti senti parte di esso, ascolti e vedi piccoli particolari che agli occhi di un altro non avrebbero significato. Questo è l’amore per la beccaccia… la passione per questa caccia. La mattinata scorre veloce come il cammino percorso dal cane e dal cacciatore, la fatica quasi non si sente ed in mente solo il ricordo di quell’incontro così desiderato. Continuando poi, si trovano nuove e vecchie rimesse ma senza lei e con la speranza che domani possano essere buoni rifugi per le signore del bosco che verranno torniamo verso la jeep. Dopo dieci chilometri percorsi, giunto alla macchina, mi volto verso il bosco ringraziandolo e onorandolo per l’ospitalità e l’ emozioni che anche oggi mi ha saputo regalare, così, stanco ma sereno si torna a casa con il ricordo nel cuore di questa magnifica mattinata.
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