Cammino spedito su uno stradello tra le risaie e ho fretta perché non manca molto al tramonto.
La setter è stanca, ha cacciato per due giorni pieni, ma continua ad allungarsi nella risaia sulla destra.
Io quasi la trascuro.
Ho fretta e sono stanco.
Ma ecco che con la coda dell’occhio vedo un movimento sulla mia sinistra: un beccaccino che va a posarsi ad un centinaio di metri da me.
Tra me e me mi vedo già in azione: ferma, guidata, ancora ferma, frullo, sparo, riporto.
Tutto come in un film.
Apro il fucile per sostituire le cartucce con un paio del 10, quando mi sovviene di avere in cartucciera qualche MB da tiro allo storno, residuate da una recente garetta di tiro.
Erano queste delle ottime cartucce caricate con 36 grammi di piombo nikelato n° 11: quale migliore occasione per “smaltirne” una o due?
Detto fatto, carico la doppietta, chiamo la setter e mi avvio verso il punto in cui ho visto mettersi il beccaccino.
Come speravo, giunta in prossimità, la cagna ferma decisa.
Il gioco è fatto, penso tra me, mentre col pollice faccio scattare in avanti la sicura.
Ma non è un beccaccino a frullare davanti al cane, bensì un bel maschio di fagiano, che decolla infastidito lanciando il suo grido di disapprovazione.
Istintivamente alzo il fucile, lo copro con le canne e sparo.
Nel momento stesso in cui il colpo parte mi rendo conto di aver fatto una stupidaggine grossa come una casa: il bel maschio esplode in aria in una nuvola di piume grande e densa: sembra un fuoco artificiale.
Cade pochi metri davanti al naso del cane che gli si avvicina, lo annusa, si volta a guardarmi con un’occhiata perplessa e poi, anziché abboccarlo, gli si accuccia vicina.
Lo raccolgo e la sensazione che provo è raccapricciante: il povero uccello sembra disossato, pare fatto di gelatina e non ha più un osso sano.
Persino le penne della coda e le remiganti sono spelacchiate, sembrano strinate dal fuoco.
Il migliaio abbondante di pallini, lanciato dalla canna cilindrica, lo ha preso in pieno a non più di una decina di metri di distanza e l’ha ridotto ad una spoglia triste e inutile.
Mi vergogno.
Scarico il fucile e torno verso l’automobile, con il cane al “dietro”.
Che brutto finale di giornata.
Ma avevo diciott’anni e tanto ancora da imparare…
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