A CINGHIALI CON I SETTER INGLESI
GEN
20
20/01/2012 16.12
Sono cresciuto a pane e cinghiale, come dice Bruno Modugno, in Maremma, in una terra dove tradizioni e passioni antiche, radicate nel tempo, hanno fatto sì che quasi in ogni famiglia ci fosse almeno un cacciatore. Persino mogli e madri sapevano che i loro mariti e i loro figli aspettavano marzo per cacciare le marzaiole, aprile e maggio per le quaglie, l’inizio dell’estate per le tortore, agosto e settembre per lepri, fagiani e starne, ottobre per il grande passo migratorio e novembre per la Cacciarella. Ed anche se ognuno ha sempre avuto un debole per una singola forma di caccia, dalle mie parti era raro trovare un cacciatore che non le abbia esercitate tutte.
Così i nostri ausiliari non li abbiamo mai classificati per specializzazione, ma soltanto per razza, perché poteva capitare (come può capitare tuttora) di vedere un cacciatore di fagiani e di beccacce andare a caccia con un segugio ed un altro, come il sottoscritto, che invece va a cinghiali con … i Setter inglesi! Non a caso il mio battesimo di sangue me lo fece mio padre, quando a sedici anni presi il mio primo cinghiale scovato da un Pointer di nome Ken. Conosco tanti cacciatori che hanno preso dei cinghiali con i Breton, con i Bracchi tedeschi, con gli Spinoni e con i Drahthaar, ma a me sembra che ai Setter, chissà perché, i cinghiali sono sempre piaciuti più che agli altri. Sono cani eccezionali che hanno passione, olfatto, grinta e coraggio da vendere, sono proprio dei cacciatori nati. Come lo era la mia Kira, un mezzo soldo di cacio (la cagna era piuttosto piccola di statura, forse perché ultima di una numerosa cucciolata) che in un decennio di meravigliose avventure di caccia vissute insieme mi ha fatto incontrare diversi cinghiali, ed insieme ai suoi figli ne ha acchiappati addirittura tre vivi. Senza contare, ovviamente, tutti quelli che ha scovato, ma a cui non sono riuscito a tirare. Qualcuno potrebbe storcere il naso o addirittura inorridire al solo pensiero di utilizzare dei cani da ferma per altre forme di caccia che non siano quelle alla beccaccia o alle starne ma, come già detto, dalle nostre parti i cacciatori lo sono a trecentosessanta gradi e così devono esserlo anche i loro ausiliari. Quando qualcuno mi chiede: “Ma come si fa ad andare a caccia di cinghiali con i setter inglesi?” io gli rispondo tranquillo che i miei Setter (ne ho tre) sono essenzialmente cani da ferma, ma anche da carniere e quindi scovano ed inseguono qualsiasi tipo di selvaggina. Non dimentichiamo che qualcuno usa i Setter, i Pointer, i Bracchi e i Breton anche per andare a cercar tartufi! Non so se questo articolo uscirà prima o dopo la messa in onda di una puntata di Caccia & Pesca registrata nella riserva Il Fantone che si trova a Murci (GR) vicino a Scansano (avete presente dove fanno il famoso Morellino?) del caro amico Loredano. Lo staff televisivo di Bruno Modugno & C era stato invitato a riprendere una spettacolare battuta mista o, per dirla alla spagnola, una folcloristica “Monteria”, e chi l’ha vista in TV o per chi avrà occasione di vederla, noterà che tra i molti cani utilizzati spiccavano Drago, il mio Setter inglese, Jack e Dolly i miei due famelici Jagd Terrier. Durante quella battuta sono stati abbattuti molti animali e quindi la resistenza fisica dei cani è stata messa a dura prova. Molti dei partecipanti si sono giustamente complimentati con noi conduttori – canai per l’instancabile lavoro svolto dai nostri ausiliari, ma qualcuno, a me in particolare, non mi ha neanche rivolto la parola come se fossi un eretico. Dove si è mai visto un Setter che abbaia e insegua cervi, daini, mufloni e cinghiali! Amo tutte le razze canine, comprese quelle utilizzate per scopi speciali e di servizio pubblico e persino quelle da compagnia. Vado in estasi quando vedo un buon cane da ferma in piena guidata con i muscoli tesi che sembrano vibrare di vita propria, con il ventre che sfiora il terreno con i movimenti felini talmente aggraziati ed impercettibili che sembra galleggiare nell’aria e quando s’immobilizza nel silenzio assoluto del bosco è il massimo. Che dire poi di un meraviglioso abbaio a fermo, di quelli cadenzati, regolari e soprattutto inconfondibili di un segugio del Giura, di un Segugio Maremmano o di un Vandeano? Quando “Suona la campana a morto” come dicono gli scandinavi quando i loro Jamnt abbaiano alla ferma di un alce, è una musica per le mie orecchie! Non ho mai avuto simpatia per gli estremismi, in qualsiasi campo, e specialmente quando c’è qualcuno a pagarne le spese. Tempo fa un mio amico veneto ha comperato un cane adulto “da beccacce”, molto bello e devo dire anche bravo, ma ha un piccolo difetto. Come gli mettono il beeper o un semplice collare comincia a tremare come una foglia, tanto che non riesce più a muoversi. Soltanto poi venimmo a sapere che il grande dresseur che lo aveva addestrato, quando il cane scovava e fermava un selvatico che non fosse una beccaccia lo “elettroshockava” con un collare elettrico. Allora mi viene da chiedermi, è migliore quel cacciatore che addestra i suoi ausiliari in quel modo oppure quelli come che (entro certi limiti, perché gli Jagd non disdegnano neanche galline, conigli, pecore, mucche e cavalli!) che concedono piena autonomia ai loro fedelissimi cani? Un bel giorno guarda caso stavo a beccacce anch’io e già pregustavo il tepore della macchina ed il sollievo di togliermi gli scarponi, quando sentii il primo ululato. Un sospetto mi saltò in mente, e cercai d’individuare la mitica Kira per averne conferma. La sentii di nuovo in lontananza che abbaiava a fermo alla sua maniera inconfondibile, così sostituii veloce le cartucce a piombo fino nel mio automatico con tre palle asciutte e controllai la direzione del vento prima di avanzare verso la Setter. Con cautela cercai di far coincidere i miei passi con i suoi abbai, finché riuscii a vedere sia lei sia il punto dove erano indirizzati i suoi latrati. Non ebbi alcun dubbio che dentro quel fitto rovaio ci fosse un cinghiale. Kira, accortasi della mia presenza, acquistò coraggio avvicinandosi ad abbaiare fino al bordo del roveto, provocando il giusto risentimento da parte del padrone di casa. Un violento sfrascare mi fece sobbalzare e contemporaneamente vidi i rami del sottobosco piegarsi rapidi verso la cagna. Ero preoccupato per la sua incolumità perché già in passato aveva subito diversi attacchi da parte dei cinghiali, di cui uno molto grave, così imbracciai il Browning puntandolo deciso nella direzione del rumore, ma mi resi conto con sollievo che quella che sembrava una carica furiosa, era soltanto dimostrativa. Sentii rompere frasche e rami e finalmente vidi il cinghiale uscire dal forteto mostrandosi in tutta la sua mole. Era un grosso solengo e cercava di allontanarsi a non più di dieci metri da me e mi offriva tutto il fianco. Era un tiro abbastanza facile, ma l’emozione a volte tira brutti scherzi, tanto che la prima Brenneke gliela tirai un po’ alta. Sotto l’urto della pesante palla il cinghiale crollò di schianto annaspando con le zampe anteriori e lanciando un urlo che mi fece accapponare la pelle. La lesione alla spina dorsale era evidente e so che non dà scampo, ma conoscendo la vitalità del Re della macchia, non persi tempo e gli spedii rapidissimo altri due colpi nel collo. Kira gli saltò addosso senza neanche aspettare che il cinghiale avesse smesso di muoversi. Questo che vi ho raccontato è soltanto uno dei tanti episodi che ci vide protagonisti insieme, e dopo Kira ho sempre avuto Setter “cinghialai”. Sono trentacinque anni che caccio con cani così scorretti, non me ne sono mai lamentato e credo mai me ne lamenterò.
Marco Benecchi
Be viva la Toscana!!!
Commenta