Tale difficoltà, comunque, non può continuare ad esimermi dall'affrontare argomenti che ci vedranno, ancorchè accomunati dalla stessa passione, su posizioni probabilmente diverse. Ma proprio per questa passionaccia, per l'amore che ci spinge a volere, ciascuno sulla base delle proprie convinzioni, la miglior sorte possibile per il bracco, dobbiamo farci carico di esaminare, con lo sforzo della massima obbiettività possibile, se le attuali condizioni e le prospettive future siano inequivocabilmente rassicuranti oppure, come io penso, più di un campanello suoni fortemente l'allarme.
Ovviamente proprio io e voi non abbiamo interesse di nessun genere nello sposare l'una o l'altra tesi: quella della gratificazione dello stato attuale o quella preoccupata e dolorosamente convinta che una sterzata sia necessaria. Mi rendo anche conto che siffatta discussione investe aspetti, criteri, valutazioni, concezioni del nostro amato bracco, tutti di non facile approfondimento, proprio per la complessità delle tematiche stesse.
Mi sia ancora consentito, prima di compiere tale tentativo, fare una premessa. Può sembrare infatti singolare che lo scrivente, così lontano dalle località ove il bracco è più diffuso, possa ugualmente, con signorilità ma con fermezza, sostenere convinzioni non condivise da autorevoli interlocutori; e così pure potrebbe da qualcuno sostenersi che la mancata frequentazione delle competizioni pone lo scrivente nella condizione non ideale per valutazioni di ordine generale sulla salute della nostra razza. Orbene allo scopo di sgombrare intuibili preclusioni, è per me facile rassicurare chi legge che le centinaia di conversazioni intrattenute con tutto il mondo braccofilo, dagli addestratori ai cacciatori, dagli allevatori ai giudici, ai tanti estimatori della razza, dai più illustri a quelli meno conosciuti, da tutto quanto sopra insomma, dopo la necessaria sintesi, è possibile affermare che momenti di preoccupazione effettivamente sussistono.
Resta ovvio che nel panorama generale della famiglia taluni affermano con convinzione che momento migliore non vi sia, taluni altri sono presi dal più nero pessimismo, taluni altri che diciamo così sono nel mezzo, pure concordano, se portati a conversare con la pacatezza che il caso suggerisce,che le cose incominciano ad andar male: è cioè in definitiva presente nella nostra grande famiglia lo sconcerto e la preoccupazione di molti.
Il riferimento al Derby, tra l'altro già posto all'attenzione da altri frequentatori del sito, e da me solo ribadito, non aveva, come ovvio, la presunzione di voler dimostrare che il non esaltante esito di quella manifestazione e da quello solo si potesse giudicare sulle condizioni della razza. Era ,come logico, una possibile comferma di altri segnali visibili e preoccupanti. Occorre, evidentemente partire, ed io l'ho fatto, da una indagine di più vasta portata, fatta la quale i motivi di malessere emergono chiari ed inequivoci.Dunque il primo punto mi pare acclarato: non sono l'unico marziano a pensare che massima attenzione va posta sull'argomento.
D'altra parte non è difficile spiegare, e questa è altra circostanza nota, perchè mai annualmente si iscrivono alla Sabi un numero rilevante di nuovi appasionati possessori di bracchi ed altrettanti ne escano. Una spiegazione plausibile può essere che chi acquista per la prima volta il bracco, dopo uno due anni, innanzi al risultato deludente ,ritorna ad altra razza.
E' altresì sotto gli occhi di tutti la caduta verticale del bracco r.m. Dieci anni or sono uno studio fatto sotto l'egida della Sabi quantificava nel 30% la presenza dei r.m. ed oggi non arriviamo al 15%. Lucio Marzano ricorda la discussione che facemmo circa le difficoltà che incontravo nel far coprire una mia cagna da un roano importante, stante la mancanza quasi assoluta di soggetti all'altezza. Qui potrebbe essere facile per gli amici Marzano e Marilungo dire non interessa granchè, visto che hanno manifestato non solo di avere predilezione per il b.a. ma di nutrire una vistosa insofferenza per i roano-marrone.
Vorrei però ricordare, a tale riguardo, che è tanto ricca di campioni r.m. la storia del bracco che senza essi, proprio tale storia sarebbe fortissimamente diversa. Lucio Marzano, giustamente, ricorda in più di un suo scritto la grandezza di Eolo di Montetricorno. Concordo pienamente. Io stesso nel 94 corsi a comprare una figlia di Eolo X Dora e ringrazio sempre Dio per avermi dato quel soggetto di grandissima classe. Ma chiedo all'amico Marzano, il padre di Eolo non era r.m.? e non erano r.m. il padre o la madre di tanti bracchi b.a. che hanno fatto una splendida carriera?
Quanto ha influito il r.m. nella selezione del bracco? enormemente se riflettiamo sull'assunto poc'anzi evidenziato. Tabar di Cascina Merigo ha coperto innumerevoli volte, ma solo una volta ed in una sola cucciolata sono usciti tre cani poi divenuti campioni e tra questi Titano, quando ha coperto Giubba, una r.m. figlia di Tano, pure lui r.m. Potrei proseguire all'infinito.
La scomparsa del r.m. come valido cane da lavoro può lasciarci indifferenti, sul futuro del bracco?
Tutti i certificati della nostra razza sono un intersecarsi continuo di b.a. con r.m. e non si pensi che trattasi solo di un fatto di mantello: il r.m. è portatore di un patrimonio genetico fondamentale. L'ipotesi prospettata di far selezionare r.m. con r.m. e b.a. con b.a. e basta è da dimenticare in maniera assoluta. Con il tempo porterebbe ad impoverire il sangue bracco del b.a. e dall'altra porterebbe per il r.m., come già sta portando, problemi pesanti da cui ci vorranno anni di lavoro per liberarcene.
Ma continuiamo sulle condizioni della razza. Non è vero che ,indipendentemente dal manto, oggi molti bracchi fermano "duro"?Non è vero che oggi molti bracchi, più di ieri non fermano affatto? Non è vero che vi sono molti più cani timidi? Non è vero che molti più soggetti di ieri hanno paura del colpo di fucile? Tutto questo me lo sto inventando io , oppure è la sintesi di una obbiettivo riscontro nell'ambito generalizzato di tutti gli utilizzatori del bracco. Se siete tanto ottimisti fatevi un giro dalla Lombardia alla Sicilia e verificate la verità.
E veniamo ora ad un'altra tematica altrettanto importante: E' il bracco italiano una razza destinata alla caccia? ed a quale? solo quella sulla selvaggina immessa? Solo a parole vogliamo che si diffonda ancora di più tra i cacciatori? Vogliamo che il giocattolo funzioni solo per le competizioni, fatte quasi esclusivamente sulla selvaggina di cui sopra? Pensate che chi va a caccia con il bracco debba farlo solo su fagiani e starne di voliera? Oppure è giusto che la stragranze maggioranza di chi ha la maledetta passione (quella della caccia) voglia godersi la nostra splendida razza anche a quaglie vere, a beccacce, a beccaccini? La risposta è ovvia.
Perchè pongo questo problema? perchè si sta selezionando, tranne sparute eccezioni, con cani e fattrici che il selvatico non lo vedono più. Le cosiddette fattrici da caccia sono soggetti portati in riserva a fagiani e starne immesse. Cosa accadrà persistendo in questa direzione? Veramente ritenete che tra vent'anni una siffatta selezione non avrà decretato la fine del bracco come cane da caccia?
Tutti i grandi cinofili, non solo braccofili, hanno sostenuto che l'ideale nell'accoppiamento, per i cani da competizione si badi, è non perdere di vista le fattrici che, con le dovute correnti di sanque, siano però autentiche cagne da caccia, portate cioè sul selvatico vero. Devo fare i nomi di Colombo, Ciceri, di Mancini per non rimanere solo nell'ambito del bracco? Rautis, il creatore dei mitici Lucaniae, portava le sue cagne a beccacce e beccacici nella velle dell'Agri.
Ma il convincimento in questa direzione dei maggiori cinofili è unanime. Soprattutto per il bracco, dato il numero esiguo ,una selezione fatta sul tipo di selvaggina indicato, porterà inevitabilmente a poterlo utilizzare un giorno eslusivamente in riserva. Nè mi venite a dire che in Italia esistono riserve con starne autentiche. Perchè non è vero. Nè mi si obbietti che i nostri addestratori portano i cani in Polonia o altrove su starne vere. Perchè è un'altra cazzata. A parte che tali trasferte sono costose e non tutti possono permetterselo, ma quante volte veramente accade e per quanto tempo? E quante starne vere vedrà un cane nella sua breve esistenza di cane da competizione?
Dette queste cose non desidero, nel contempo, che il mio convincimento sia frainteso. Io stesso sono stato e sono un convinto assertore di quanto il cane da gara sia importante nella selezione del bracco.Io stesso ho sempre attinto a tali soggetti, con piena convinzione e ferma metodologia. Ma ho sempre coperto cagne che erano grandi soggetti da caccia, portate a beccacce e beccaccini. Due volte sono andato a cotorni (quelli veri) in Albania e dopo alcuni giorni di assestamento ho potuto godere dell'azione dei miei bracchi. Avrei avuto lo stesso esito con cani portati sul surrogato e frutto di una selezione operata su tale selvaggina? La risposta è inutile darla.
Quindi cosa fare? Insisto nel dire che occorre fare ogni sforzo possibile affinchè nella selezione si torni ad usare fattrici, autentiche cacciatrici e ciò nell'interesse della razza e proprio di quanti amano i grandi soggetti da lavoro. Certo tant'altro si dovrebbe dire sull'argomento ma spazio e tempo non me lo consentono.
Vengo ora a Luigi Marilungo che testualmente nel suo intervento, a proposito del mio bracco r.m. Gaddo, testualmente cita: "il tuo bracco non rientrava nella psiche comportamentale del bracco"..... e continua poi , facendo esplicito riferimento ai cani dei Ronchi, di come tali cani fossero rinsanguati con il bracco tedesco, concetti questi ripresi, come egli dice, da Mario Buroni.
E' veramente singolare che proprio io, napoletano, debba tessere le lodi dei Ronchi e prendere le difese di Ciceri, compito che comunque assolvo con onore e commozione. La diceria di avere immesso sangue straniero era la cosa che più lo addolorava. I cani dei Ronchi erano tipicissimi, tutti esuberanti, con una testa spessissimo splendida, tutti grandi cani da caccia, bracchi nell'indole e nello sguardo, nel comportamento venatorio sempre,alternavano galoppo a trotto, come Ciceri voleva, sostenendo a ragione che occorreva eliminare il cane che non avesse passione, giacchè è più facile contenere che dare quello che non c'è. Abbiamo il dovere di ricordare che in tutti i nostri certificati vi sono i cani dei Ronchi.
Il famosissimo Amaldi iniziò la sua avventura di allevatore con due cani dei Ronchi e mi limito ad Amaldi, ma potrei continuare con altri nomi e lo cito solo perchè Amaldi fu unanimemente riconosciuto, con i suoi Delle Forre, come uno tra i più insigni allevatori della razza. Dobbiamo all'opera di questi uomini se oggi ancora abbiamo il bracco.
Ma parliamo di Buroni: nota era la sua avversione nei riguardi di Ciceri, ma non era pari a tale avversione la sua coerenza: criticava Ciceri ma faceva coprire le sue cagne dai cani dei Ronchi. Comprò Rena dei Ronchi e la fece coprire dal suo Rocco.
La sua Nanà, già figlia di un cane dei Ronchi, fu coperta da Lir 2°dei Ronchi e senza quell'accoppiamento non sarebbe nata Rea di Monteprtrano, la sua cagna più famosa. Fufa di Montepetrano fu coperta da Pan 2° dei Ronchi. Bice di Montepetrano fu coperta da Lor dei Ronchi. Mi fermo qui o vado ancora avanti? Certo è ben strano che un allevatore che sostiene che il sangue dei Ronchi sia da aborrire, perchè avvelenato dal bracco tedesco, faccia poi tanto ricorso proprio a quel sangue.
E allora caro Marilungo, diciamo la verità e cioè che il compianto Buroni aveva un caratteraccio, tra l'altro esternato un poco con tutti, che lo portava alle ben note filippiche, tra l'altro sterili, contro Ciceri. Ma il dato di fatto è e rimane il ricorso a quel sangue a parole tanto negletto. Veniamo ora al mio Gaddo. Premetto che trovo disdicevole che ciascuno di noi si faccia paladino dei propri cani: la discussione diventa sterile e non ci fà onore. La riprendo esclusivamente per il dovere che sento forte verso un uomo, un grande cinofilo, un gran galantuomo ed un amante ed esperto del bracco, sicuramente maggiore di tutti noi: Paolo Ciceri.
Di Gaddo ho riferito mettendo in evidenza la grande esuberanza e le caratteristiche di gran cacciatore una volta portato sulla selvaggina vera. Cosa dobbiamo dire che non è da bracco avere una smodata passione? Che non è da bracco alternare galoppo al trotto (è nello standard), che non è da bracco guidare con eleganza e fermare morbido un beccaccino a venti metri?che non è da bracco spaziare in ogni dove alla ricerca del selvatico?che non è da bracco consentire? che non è da bracco quella dolcezza dello sguardo e quella voglia di caccia? Mi viene quasi da pensare che un grande bracco sulla selvaggina vera non l'avete mai visto.
Ho detto mi vien da pensare, ma ho troppo rispetto per i miei interlocutori e non lo faccio.Un grande soggetto condotto nell'ambiente proprio della beccaccia e del beccaccino vi farà vedere dolcezze, movenze, tremori, iniziative, portamenti che non potrete facilmente osservare in 15 minuti esasperati di gara ove l'addestramento è frutto della braga e del collare elettrico. Nè tali gioie vi saranno consentite portando i vostri cani su faggiani e starne immesse. Amici miei siate più cauti a denigrare i cani dei Ronchi, oltretutto non c'è più il Papà a difenderli, più cauti a parlare male di Ciceri, a disprezzare i r.m., siate più cauti ad affermare che le condizioni della razza sono eccellenti, siate più cauti ad emanar sentenze e se amate veramente questa razza, mettetevi in auto, fate centinaia di chilometri, buttate il sangue nell'addestrare i vostri cani, ma siate attenti , fatelo sul selvatico autentico. Farete un regalo ai vostri cani e vedrete, finalmente, che cosa è il nostro grande bracco italiano.
Un caro saluto a tutti. EDGARDO DE MARTINO.
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