Questo è quanto mi è riuscito di trafugare:
"Sin da quando iniziai questa mia vita
La caccia e' sempre stata mia natura.
E per perseguitare preda ambita,
Mai ebbi esitazione, ne' paura.
Lodole, tordi, estive tortorelle
Donarono la vita allo mio schioppo,
Ma non mi limitai soltanto a quelle
Alate specie e non mi curai troppo
Di leggi venatorie e di divieti.
Percio' sparavo a tutto che passava
A tiro, da Nettuno a Rieti,
Dovunque la mia FIAT mi portava.
Da trampolieri a Maggio, in risalita,
A conigli selvatici insidiati
Dove la caccia da tempo era bandita,
Sapeste quanti capi io ho ammazzato
Che l'etica di caccia e la coscienza
M'avrebbero proibito di insidiare.
E con la piu' completa indifferenza
Andavo allegramente a trucidare
Persin specie protette, usando mezzi
Di certo non legali, ne' morali,
Catturando con ignobili attrezzi
Poveri ed innocenti animali
Scriccioli, cince, e graziosi pettirossi
E persino una rondine giuliva
Feci fuori, e mai io mi commossi
Ne' rimorso mai il cuore mi feriva.
Per tanti anni fu la stessa strage:
Pispole, cardellini, e ballerine
finivano nel frigo del garage
per poi condir polenta e fettuccine.
Ma quando poi, migrato ad altri suoli,
A conoscer costumi differenti
E leggi che puniscono i mariuoli
Che uccidon tutto da turpi incoscienti,
E soprattutto una grande abbondanza
Di selvaggina, non di uccellettini
Che intorno a una civetta fanno danza
E che pesano meno dei pallini
Della cartuccia a loro indirizzata,
Cominciai a comportarmi in altro modo
E a non voler piu' fare la cazzata
Di sforar limiti e cacciar di frodo.
Pervaso un giorno da cotal pensieri,
In una macchia fitta mi addentrai
Finche' non persi vista di sentieri
Finche' non piu alcun uomo incontrai.
Mi persi alfine in una fitta bruma
E quando l'aria si chiari' di nuovo
Vidi con gran terrore un grosso puma
Accucciato a due passi dal suo covo.
A morir fatto a pezzi e divorato
Gia' mi accingevo, e al Cielo mi rivolsi.
Pregai d'esser da tale fin salvato,
E Dio che fece? Mi mando' tre orsi.
Da tante bestie grame circondato
Pensai: Questa e' la legge del taglione.
Chi fa del male, dal male e' poi spacciato...
Ma morire cosi', come un cogglione?
Se fare il bracconiere e' un gran peccato,
Che l'alma mia all'inferno ha condannata,
Fa, Signor, che il mio corpo sia salvato
Dal divenir di bestie una cagata.
Colui che tutto puote, intenerito
Diedemi di salvarmi un'occasione,
E insiem con gli orsi il puma era svanito
E al loro posto apparve un grosso omone.
"Chi sei,?" gli domandai. "Chi t'ha mandato?"
E lui rispose, "Ahime', giorno funesto!
Mi tocca far da guida a un imbranato...
Non mi conosci? Sono il Divo Ernesto!
Io scrissi di Parigi, e della Spagna.
Delle corride e della caccia grossa,
Della guerra in Italia, su in montagna,
Quando guidavo per la Croce Rossa.
Io nacqui Americano, purosangue,
Non come te, importato d'oltremare.
Dio mio, come mia sorte adesso langue
Un tal kretino da dover guidare!"
"Ma, veramente, proprio non saprei
Chi siete, ne' la vostra provenienza..."
"Gran deficiente, sono Hemingway
E gia' son stanco della tua scemenza!"
Mentre il Maestro cosi' mi insultava,
Li' fra i cespugli ed i rovi intricati
Un portale la bocca spalancava,
Con un cartello, "Cacciator Dannati."
"Andiamo, su', non esitare ancora,
Scendiamo quelle scale, facciam presto,
Di osservar quell'Inferno e' giunta l'ora..."
Cosi' mi esortave il Divo Ernesto.
Scendemmo, io con qualche esitazione
Seguii il Divo dai motti assai severi
A vedere qual grave punizione
Aspetta chi ha illegittimi carnieri.
Nel mezzo di una squallida pianura
A bocca aperta stavan cacciatori
Guardando in cielo mentre la lordura
Che usciva dallo cu10 di avvoltori
Pioveva in bocca ad ogni sfortunato.
"Costor son quelli che ad animal protetti
Senza esitar avean sempre sparato,
E adesso a mangiar ***** son costretti."
Cosi' mi disse lo magistro mio
Mentr'io tremavo che' per tal peccato
Forse cosi' sarei finito anch'io:
Lercio di ***** ed in bocca cacato...
"Magistro mio, soffermati un momento!
Vorrei parlar con uno dei dannati
E addimandargli se mai pentimento
Fosse soggiunto, in vita, dei peccati
Commessi contro specie ben protette.
Forse per me ancora c'e' speranza.
Forse quell'addannato non credette
Nell'amor di Divina Provvidenza
E mai chiese perdon, mai rinuncio'
Al suo peccar quando ancor era vivo
Ma io, che sono vivo, cessero'
Di peccar pria che mia morte sia in arrivo."
"Quanto sei strontzo," rispose il Divo Ernesto,
"A pensar che una vita di peccato
Tu possa cancellar con un sol gesto
Ed essere alla fine perdonato."
"Annamo, Erne', puro te te ce metti!"
Risposi io alquanto scoraggiato.
"Ma ecco, uno di questi poveretti
Vuole parlarmi, e sembra un po' agitato."
Siccome un cesso da feci otturato
Gorgoglia e poi erutta sputacchiando,
Cosi' il dannato, a noi appropinquato,
Mi disse: "Blashputtglubmushflupptando!"
Il viso ripulendomi dai spruzzi,
Dissi: "Magistro mio, che ca22o dice?"
"Ha detto che di ***** anche tu puzzi
Perche' a te lo perdono non s'addice!"
Depresso e mesto, tenendo gli occhi bassi,
Dal giron di color che mangian cacca,
Il cammin nostro fra gli antichi sassi
Mi porto' ad un rumore di risacca...
Seduti sulla terra in folte schiere,
C'eran dannati intenti a vomitare.
"Sono gli sforatori di Carniere,"
Mi disse il Divo, "e tu non scivolare
Sull'immondo liquam che scaturisce
Dalle bocche di chi non obbediva
Al limite al carniere che impartisce
La giusta autorita' legislativa.
Avidi e ghiotti della selvaggina,
Ne ammazzavano piu' del consentito
E portate le prede alla cucina
Le divoravan con grande appetito.
Ed ora degli eccessi loro fanno ammenda
Rigurgitando tutto cio' che in bocca
Si ficcavan: pranzo, cena e la merenda.
Questo e' cio' che agli ingordi poi qui tocca."
Ed io pensai a tutte quelle volte
Che su un sedil dell'auto mia io ascosi
Le prede in piu', nei panni miei avvolte
Per celare i miei atti vergognosi
Da qualche guardiacaccia assai zelante.
Quale dilemma! Una bocca pien di cacca,
O eterno vomitare tutte quante
Le prede ascose sotto la mia giacca?
Dal giron di chi sfora lo carniere,
Passammo poi ad un montano passo.
Bocconi in terra, con nudo il sedere
Scontavano i dannati il contrappasso.
Accanto ad ogni vile peccatore
Giaceva un fonofil da mille ampere
E la voce del falco, dell'astore ,
Del picchio, di poiana, e di sparviere,
Invece dei sasselli e dei bottacci,
Prorompeva violenta fino al piano.
Cosi' chiamati, stormi di uccellacci,
Laceravan dei dannati il deretano.
Con becchi e artigli forti e acuminati.
Il coro dei lamenti era assordante,
Ma quel ch'adopra mezzi si' vietati
Merita tale pena torturante.
"Magistro mio," io dissi a Hemingway,
"Almeno queste cose non le ho fatte.
Percio' fra questi tali io mai sarei,
Non sono reo di queste malefatte."
"Ah, si'?" rispose a questo il Divo Ernesto
"Forse che non ricordi usar gli archetti,
Il vischio, la tua fionda e tutto il resto?
Che Dio l'abbia scordato tu t'aspetti?
Usar mezzi vietati e' tutto uguale,
Non importa con che rubi ai colleghi
Cio' che a loro anche spetta, e' naturale,
Ma tu dei lor diritti te ne freghi!"
Da li' noi discendemmo alla pianura
Ma per far prima, lo Magistro mio,
Che di finire il tour avea premura
Giunti sull'orlo d'un ripido pendio
Batte' le mani ed ecco, da una grotta
Con ali nere e con pelliccia roscia
Sbuco' chimera con faccia da mig..tta
Venne da noi e ci mostro' la coscia.
"Questa," mi disse lo mio Cicerone,
"Odia la caccia e dice peste e corna
Dei cacciator. Ed in televisione
Regolarmente a blaterar ritorna.
Ma non aver timore, lei non morde.
Succhia soltanto, e se le dai il tuo perno
Del core suo tu tirerai le corde
Volar lei ti fara' sopra l'Inferno
Per trasportarti a destinazione."
Noi la... montammo e con veloce volo
Lei ci porto' ad un altro girone
Ma il prezzo che pagai fu poi lo scolo.
"Questo e' il girone dei millantatori,"
Disse 'l Magistro mio, al qual son servo,
"Se vanno a caccia e uno storno fan fuori,
Divien lo storno sei magassi e un cervo.
Di questi rei e di ogni loro storia
Ne trovi sempre tanti all'osteria,
E pure al forum della Migratoria
Le loro foto son niente ma bugia.
Per cinque mesi, ad ogni occasione
Un bottaccio od un merlo e' surgelato
E poi alla fine di ogni stagione
L'intero mucchio vien fotografato.
Poi ogni foto su Migra e' pubblicata
E chi le vede dice 'Che Nembrotte!'
Ma quei che ci propinan tal cazzata
Non son altro che figli di mi....tte!
E qui li vedi," prosegui' l'Ernesto
"Ai quali li demoni ognor prometton
Dicendo, 'Non fa male, faccio presto!'
E poscia un membro enorme in cu1 lor metton.
La menzogna proviene dalla bocca
E pare giusto che dal lato opposto
La punizion provenga a chi gli tocca
Ficcandola ben bene in quel tal posto."
Gemono gli bugiardi a pecorone
E poiche' di bugie siam tutti rei
Lasciai in gran fretta tal tristo girone
Non volendomi fare... i ca22i miei!
Anche a me spetteranno, son sicuro
Per avere mentito tante volte
Anche in me ficcheran turpe siluro
Pur come a quelle anime sconvolte.
Guardo' il suo orologio il Divo Ernesto
E mando' un gran sospiro di sollievo.
"Il mio dover di guida scade presto.
Mai in vita o in morte io ebbi tale allievo."
Io mi sentii orgoglioso. "Ma, Ragazzo,"
Ei aggiunse, con tono assai severo.
"Volevo dir che tu non vali un ca220
Come poeta o come passeggero
Fra le pene d'Inferno Venatorio.
Torna a tua casa, torna a scribacchiare
Va a giocare a calcetto all'oratorio,
Ma a me le palle piu' non le scassare!"
Ed ei spari' nella bruma invernale
Lasciandomi cosi', solo e intristito
Ma dalla stessa bruma, qual fanale,
Da una luce benigna fui investito...
LA DIVINA COMMEDIA VENATORIA. Paradiso e conclusione
Una figura esile, muliebre
Dalla soffusa luce emerse piano.
Era Melissa, cacciatrice celebre!
Melissa Bachman mi prese per mano,
E in dolci toni cosi' fece favella:
"Giovanni, non pensare ai tuoi peccati,
Con me pensa soltanto a quant'e' bella,
La caccia, a tutti i capi incarnierati
In pien rispetto di etica e leggi,
All'albe ed ai tramonti che hai goduto.
Finche' lo schioppo in mano tua tu reggi.
Credimi, l'alma tua noi hai perduto.
Tu vivo sei, ed ancora tu potrai
Mostrare a Iddio il tuo pentimento
Se a caccia bene ti comporterai:
Se limitar carnier ti fa contento,
Se da mezzi illegali ti asterrai,
Se rispetterai tu specie protette,
E mai piu' a caccia chiusa caccerai...
Certo, codeste regole son strette,
Ma il tuo rimorso per il tuo peccare
Rimorso vero, nel core ben sentito,
Portera' certo Iddio a perdonare
Mosso com'e' dal suo amore infinito
Pe' i colpevoli come pe' innocenti."
Cosi' parlo' Melissa, ed ai suoi piedi
Bocconi mi gettai, occhi piangenti,
Mani tremanti... E se, lettor, mi chiedi
Cosa provai 'n quel sommo momento
Quando Dolce Melissa mi sostenne,
Ho una parola sola: Pentimento,
Un pentimento ver, forte e solenne.
Con lei entrai in ascensor divino
Che ci deposito' alle Sacre Porte
Del posto che de' probi e' lo destino.
Ancor pria che incontrassi la mia Morte.
"Guarda quei cacciatori in quel capanno,"
Disse Melissa, puntando con la mano,
"Nessuno in terra alcuno faria danno
A quegli augelli che volano lontano
Cosi' lontan dal loro nascondiglio.
Eppure, guarda, guarda quei bottacci."
Sebbene mi parevan quasi un miglio
Ad ogni colpo cadevan come stracci.
Ma appena poi toccavano il terreno
Risuscitati, riprendeano 'l volare.
"Cosi' volse per loro il Dio sereno
Che per amore tutto puote fare,"
Disse Melissa, e mi porto' piu' avanti,
Dove grandi canizze risuonavan..
Cani alati, volanti ed ululanti
Un verro enorme accaniti incalzavan.
Il verro ad una posta passo' accanto,
Ed un de' postaioli, con un arco
Scocco' un dardo, che a cotenna giunto
Rimbalzo' senza far nel corpo un varco.
Ed il verro, fermatosi di botto
Si giro' verso l'uomo e si inchino'.
"Waidmannsheil!" disse, e riparti' a gran trotto
E verso un'altra posta se ne ando'.
"Anche i cignali," commento' Melissa,
"In Paradiso non e' bene ammazzare.
Qui certo non esiste l'idea fissa
Che uccidere e' lo stesso di cacciare,
E come vedi, collega cacciatore,
Pur se morte non segue la sua azione,
Sorride quel nembrotte con amore
Per la sua preda e la soddisfazione
Di aver messo a bersaglio lo suo strale.
Questa di caccia vera e' pura essenza:
L'uomo non caccia come un animale
Soltanto per riempire la dispensa."
"Melissa mia," diss'io, "saggia tu sei.
Capire in pieno cosa sia la caccia
Ora e' ben fisso nei pensieri miei,
Quel che facevo pria era robaccia,
Indegna di un moderno cacciatore.
Un ver nembrotte ama l'animale,
Non e' soltanto un vile annoccatore.
Chi uccide con piacer non e' normale!"
Era ormai quasi giorno sulla Terra.
Entrammmo noi nel divino ascensore.
Al mondo dei viventi questo atterra
E ci rilascia nel vago chiarore
Di un'alba bella, in gran foresta verde.
"Addio, Giovanni," mi dice Melissa
E fra gli alberi fitti poi si perde...
"IBAL! le grido. "Addio, dolce Melissa.
Ora so senza dubbio che in futuro
Io mai piu' compiro' nefandi atti.
No non voglio finir nel luogo oscuro,
Ove li bracconieri son coatti!
Nota dell’autore:
E qui finisce la Divina Commedia Venatoria. Spero che vi sia piaciuta.
E domani vado a caccia. E se si presentasse una bella cerva, bella, ma seguita da uno yearling, sebbene sia perfettamente legale per me abbatterla perche' gli Yearlings sono svezzati da tanto tempo, mi asterro' dal creare un orfano privo dell'insegnamento materno, prima difesa contro coyotes e bobcats. "Fatti non fummo a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza." (Dante--Quello verace!)
Giovante Allocchieri
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