Credo di essere legato per sempre a quel magnifico bosco, alle mie prime uscite da ragazzino coi cani a beccacce, ai personaggi che di volta in volta ritrovavamo. Si, perchè anche facendo centinaia di chilometri chissà per quale motivo capitava di ritrovarsi sempre gli stessi. Personaggi la cui immagine era strettamente legata alla caccia, tanto che ognuno aveva il suo nomignolo, una sorta di nome di battaglia, soprannome. Ad esempio c'era il Calimero, perchè era scuro, detto anche "u beccaccia" perchè ossessionato dalla regina dei boschi. Poi c'erano due fratelli "Ruggiero e Misirinu" il primo così detto perchè aveva una voce che ricordava un vecchio cronista e il fratello così detto perchè mingherlino e squattrinato o più che altro spilorcio. Insomma un pò tutti avevano dei soprannomi e quando li incontravi avevi la sensazione di vedere un mix tra una compagnia circense e l'armata brancaleone. Ma il vero personaggio di tutta la truppa era Giovanni detto U Buitta, vero capo carismatico del gruppo dei cacciatori della borgata. Pointerista fin nel midollo, cacciatore esperto, conoscitore di territori e selvatici, le sue rughe segnavano una sorta di cartina geografica, sembrava raccontassero la storia di tanti anni sotto acqua, vento o sole cocente, coi suoi cani dietro cotorne e beccacce.
Era ancora notte fonda quando al bar aveva sentenziato "oggi è jurnata ri addrazzi, si u tiempu tiene..."...in effetti aveva ragione, i venti erano stati quelli buoni, nei paesi del nord aveva fatto freddo e neve, luna giusta e freddo che ti bruciava le guance. Ma a metà nottata aveva cominciato a piovere fitto fitto, di quella pioggia che sembra un muro. Qualche breve tregua e poi ricominciava. Così al bar ero lì a guardare la mia tazza di latte fumante tra le mani mentre ascoltavo i discorsi dei cacciatori più anziani, nella speranza che il maltempo ci concedesse una mattinata di libertà tra i boschi.
Ero, come sempre, il più giovane della combriccola. Quel giorno, "sbagnavo" ovvero inauguravo la mia prima 4x4 acquistata di terza o quarta mano, una Lada Niva rossa, avrei scoperto a mie spese che si si arrampicava da paura ma era la migliore amica del benzinaio....
Finalmente fu l'alba, una leggera schiarita faceva ben sperare. Giusto il tempo di mettersi scarponi e cosciali, mettere i campani ai cani e prendemmo ad affrontare la salita che dalla stalla dove si lasciavano le macchine portava alla prima propaggine del bosco adagiato come una coperta scura su un fianco della montagna esposto a nord. Nemmeno il tempo di rompere il fiato e già ricominciava a piovere. Ormai eravamo in ballo e decidemmo di continuare, almeno finchè la pioggerella si fosse mantenuta blanda. Arrivati fin sotto le prime sughere il campano di una delle cagne smise di suonare, la cagna di Gianni era in ferma. Senti il frullo ovattato in mezzo alla macchia, poi un'ombra, seguì la stoccata dell'amico, era la prima, si cominciava col piede giusto. La vecchia pointer bianco nera va al recupero e resta in ferma. Vola un'altra beccaccia che non vedo ma sento, uno sparo, in aria ci sono due beccacce...
Il caro vecchio amico aveva ragione ..giornata di "addrazzi"..se il tempo tiene. La pioggia è diventata davvero scrosciante, intensa. Ritirata strategica in una vecchia casupola abbandonata in mezzo al bosco. Siamo zuppi fradici e fa un freddo cane. Una corsa in discesa sul tratturo fangoso e siamo in macchina. Ho un cambio completo di tutto. Avvio il motore, dopo un pò il riscaldamento dà i suoi risultati...Aspettiamo che scampi, come ultima possibilità, altrimenti si deve purtroppo gettare la spugna. Smette per un pò. Riprendiamo la cacciata da dove l'avevamo interrotta.. Fatti appena una cinquantina di metri lungo il sentiero, che come un serpente avvolgeva il bosco con le sue spire, di colpo i campani tacciono. Ma non riusciamo a vedere i cani, una spessa coltre di nebbia è calata sul bosco, inghiottendoci totalmente. Sentiamo la beccaccia frullare ma non la vediamo....ecco che qualcuno spara, non sappiamo chi sia...Diamo la voce, nulla. Decidiamo di allontanarci, troppo pericoloso. In qualche schiarita si riesce a vedere qualcosa. Sono ferme e frulli, poi di nuovo ferme, ogni angolo buono è una beccaccia che vola. Nella "ressa del fosso", una bellissima conca riparata, ne volano contemporaneamente tre. Ma sparare è quasi impossibile, si odono, intravedono o intuiscono..poi di nuovo questa pennellata grigia come un velo pesante...e ricomincia una pioggerellina leggera, sottile ma continua..
Cerchiamo di scollinare nella speranza di trovare più visibilità...ancor peggio. Capiamo che c'è altra gente intorno a noi ma non vediamo nessuno...."uhh uhhh" qualcuno risponde...facciamo attenzione...
Dopo un pò capiamo che è troppo rischioso cacciare in queste condizioni e forse anche inutile. Torniamo nuovamente alla macchina, questa volta definitivamente.
Lasciamo il bosco avvolto nella sua coperta fumosa, questa volta non si è voluto concedere.
Lasciamo le beccacce arrivate in gran numero e la giornata più ricca che credo mi sia mai capitata e della quale non ho potuto approfittare. Ma non solo.
Cardellino pochi anni dopo fu devastato da un incendio, poco dopo divenne riserva naturale. Ormai sono anni che non sento più i suoi profumi. Cardellino è rimasto avvolto per me in quel giorno di nebbia, coi suoi ricordi. Come uno scrigno che custodisce il suo tesoro, in quel bosco per me vagano ancora quelle beccacce da sogno, mi sembra di sentire i campani di quei cani tanto amati e di vedere quell'amico con la sua cacciatora di velluto e una sigaretta storta chiusa in un angolo di un sorriso, quel caro amico col quale non caccerò mai più.

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