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Sciogli allor de’ tuoi cani il più maturo,
Che le Primavere abbia già scorso,
Sull’orme accorto, nel fiutar securo,
Che non ritardi o s’abbandoni al corso:
Agil di corpo sia, di pelo oscuro,
Ma dissimile macchia orni il suo dorso,
Non tema gelo o sol, non tema rischio,
Ed obbedisca alla tua mano e al fischio.
Abbia nerboso il pietto, il piede basso,
Sia largo di narici, ed orecchiuto;
Mova sì lieve e con insidia il passo,
Che non oda il romor l’augello astuto.
All’improvviso poi resti qual sasso,
E un piè sospenda della preda al fiuto;
Abbia l’occhio seren, lo sprone ai piedi,
Né ricusi lavor quando lo chiedi.
La tua rete già posta in apparecchio
Tu porta allora in un volume avvolta.
E se voce d’augel giunge all’orecchio,
Sospendi il passo ed avveduto ascolta.
Ti guidi il can, che nel lavoro è vecchio,
Ove nutre il terren l’erba men folta,
Ove difeso dal calor del giorno
Un comodo all’augel offre soggiorno.
Il passo intanto, e il movimento spia
Del tuo fedele a compiacerti inteso:
Se nel vario cammin segna allegria,
Se muove il pié nell’odorar sospeso.
Se sull’orme ritorna , ove fu pria,
Se porta il ventre basso e il collo steso,
Infin che immoto sulle piante stando
Con meraviglia tua serve al comando.
Allor che sull’augel fermo rimane
Alla quadrata rete dà di piglio:
Convien che dieci passi t’allontane,
E sia compagno all’opra il tuo famiglio:
Così t’affaccia a poco a poco al cane,
Che sulla preda tua non batte ciglio.
Ma chiede il lino che lo copra; e poscia
Il capo china, e sul terren s’accoscia.</center>