Ero solo con il mio Fulmine, detto Pippo, che aveva sei mesi ma era già un fenomeno.
Mi svegliai alle quattro, feci colazione al buio per non disturbare nessuno - motivo per cui impiegai tre ore e venne quindi giorno -, uscii di casa e liberai il cane dalla catena (a quei tempi la cacciata partiva da davanti l’uscio di casa).
Il cane attaccò la passata di una maschio di lepre ed in men che non si dica arrivammo sotto le pendici del Monte Pirlone, la più alta cima di quella porzione d’Appennino. E già questo fa capire perfettamente quanto fosse straordinario il mio Fulmine detto Pippo, perché io abitavo sul fiume Po, a trentasette chilometri di distanza!
Fulmine detto Pippo risalì il versante del monte ed a un certo punto, nei pressi di un borgo abbandonato da poche stagioni, mi disse chiaramente che la lepre era nei pressi. La cercammo per quattro ore, frugando in ogni anfratto e cespuglio, tanto che ormai nella zona sembrava passata una mandria di bisonti. Trovammo sei cinghiali, quattro volpi, una coppia in camporella, un bisonte e diciassette lepri, che però non erano quella che stavamo cercando e che il mio Fulmine detto Pippo – che fenomeno di cane! – ignorò.
Stavamo quasi per arrenderci quando il segugio vide la tendina di una finestra schiudersi leggermente: subito – data la sua enorme intelligenza – Fulmine detto Pippo capì la situazione e si presentò alla porta fingendosi un ortolano ambulante: la lepre, che si era chiusa nella vecchia cascina con una tripla mandata di chiave, aprì la porta e, vistasi scoperta, fuggì attraverso la finestra sul retro.
Che scovo, ragazzi!
Ovviamente non sparai allo schizzo e così la seguita si diresse verso monte, svallò nel versante opposto ed io non sentii più nulla. Quando arrivai sulla cima, lontanissima – Fulmine detto Pippo aveva una voce estremamente potente - giungeva l’eco della canizza, insieme al grido “Coocco-bellooo!!” ed all’odore di pesce fritto: la lepre era infatti quasi arrivata al mare. Quel diavolo di segugio tese un agguato alla lepre sul lungomare, convinto che a quel punto avrebbe ben dovuto rientrare, ma ella, giunta sul bagnasciuga, si tuffò in acqua e si mise a nuotare. Fulmine detto Pippo, sempre allerta, ne approfittò per mangiare un ghiacciolo e per attaccare bottone con due turiste tedesche, ma, proprio quando stava per concludere l’azione, lesta la lepre uscì dall’acqua e si lanciò verso monte con il segugio subito alle costole. Dal mio punto di ascolto sentii la canizza valicare i monti, le valli e le creste a gran velocità, per poi perdersi nella pianura. La lepre passò il Po a nuoto, corse per le risaie, attraversò tre volte la tangenziale Ovest di Milano nel tentativo di eliminare l’inseguitore, salì sul Monte Rosa, ridiscese sempre con il cane alle calcagna ed attraversò di nuovo il Po, stavolta su una chiatta perché cominciava ad essere un po’ stanchina (Fulmine detto Pippo accettò un passaggio da uno storione). Erano ormai le cinque del pomeriggio e temevo che il mio fidato ausiliario non mi avrebbe riportato l’orecchiona a tiro prima di buio. Ma la sorte mi fu d’aiuto perché a Tortona la lepre saltò su di un camioncino in corsa, pensando d’ingannare il segugio. Ma quello, non appena avvertì l’interruzione della traccia sull’asfalto – Fulmine detto Pippo aveva un naso eccezionale – capì l’antifona e rubò una moto Guzzi parcheggiata lì vicino, ponendosi all’inseguimento. In dieci minuti furono sotto il monte Pirlone. Io ero andato sul covo (ossia sull’uscio della cascina, nascosto dietro un vaso di begonie), perché sapevo che la lepre sarebbe tornata lì.
Quando la lepre saltò giù dal furgone, il cane scese dalla moto in corsa e si lanciò sulle sue tracce.
Vidi avvicinarsi la lepre; Fulmine detto Pippo, dopo sei ore di seguita incalzante, era distanziato di poche decine di metri. Ma la lepre, giunta nelle vicinanze della cascina, guidata dal suo formidabile istinto (o forse perché vide un grosso sedere spuntare dietro il vaso alto trenta centimetri), scartò di lato e fece per allontanarsi. Io, alzatomi in ginocchio, sparai: era un tiro di oltre cento metri, ma la lepre cadde morta dopo la classica piroetta con triplo avvitamento incrociato.
Era magrissima e pesava due chili e mezzo, ma sicuramente prima di essere scovata e rincorsa da Fulmine detto Pippo aveva superato gli otto chili.
Che tempi ragazzi, che fucilata, che lepre, che cane!
(spero che questa stupidaggine vi abbia regalato una risata...)

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