Qualche settimana fa, le associazioni di cui sopra hanno depositato al TAR Toscano, il ricorso per l’annullamento del Piano di controllo 2019/21 sulla specie cinghiale approvato dalla Regione Toscana. Nel ricorso si contesta da parte dei ricorrenti, la forma della braccata come modalità per il controllo della specie cinghiale ai sensi dell’art. 37 della Legge 3/94. In sostanza si sostiene che tale modalità non risponde ai pareri e rilievi forniti da Ispra poiché non risponde a criteri di selettività e che le attività di controllo devono essere applicate solo a seguito dell’utilizzo di metodi ecologici.
Inoltre, viene anche sollevato il tema riguardante la presunta illegittimità costituzionale dell’art 37 della Legge 3/94 commi 3,4,4 ter in riferimento all’art 117 comma 2 lettera s della Costituzione nella parte in cui vengono autorizzati all’attuazione degli interventi di controllo anche i soggetti abilitati oltre alle guardie venatorie, i proprietari e i conduttori dei fondi, le guardie forestali e comunali munite di licenza di caccia.
precedente pericoloso
Si sperava in una sentenza che ribaltasse la decisione del Consiglio di Stato, invece il TAR ha dato nuovamente ragione agli animalisti
Lo scorso 22 marzo il TAR di Firenze si è finalmente espresso in via definitiva sul ricorso presentato da varie Associazioni Animaliste contro il calendario venatorio 2018/2019 della Toscana. Si sperava in una sentenza che ribaltasse la decisione del Consiglio di Stato, che aveva portato alla chiusura anticipata a 9 specie, ma così non è stato. Il TAR ha dato nuovamente ragione agli animalisti, creando un pericoloso precedente per tutti calendari venatori italiani.
le associazioni animaliste Enpa, Lav, WWF, Lipu e LAC. Dopo un primo rigetto dell’istanza da parte del TAR Toscano, il Consiglio di Stato aveva accolto parzialmente l’istanza cautelare, causando di fatto la chiusura anticipata della stagione venatoria per ben 9 specie (Merlo, Cornacchia grigia, Gazza, Ghiandaia, Alzavola, Marzaiola, Germano reale, Colombaccio e Beccaccia questo. Il 15/12 18).
Due le motivazioni su cui si era basato il Consiglio:
1) per le specie Merlo, Cornacchia grigia, Gazza, Ghiandaia, Alzavola, Marzaiola, Germano reale, Colombaccio, tutte oggetto di preapertura, la Regione non aveva previsto un corretto anticipo della chiusura che, secondo il Consiglio, doveva comprendere l’intero periodo tra l’inizio della preapertura e l’inizio della stagione venatoria previsto dalla legge (quindi dall’1° al16 settembre).
2) per la Beccaccia lo scostamento del termine finale del prelievo venatorio (31 gennaio) rispetto a quello massimo indicato nel parere ISPRA (10 gennaio) non era stato “adeguatamente motivato”.
Cosa ha deciso il TAR
Lo scorso 22 marzo il TAR si è espresso nuovamente su questi due punti, avallando di fatto le tesi del Consiglio di Stato e creando un pericoloso precedente per tutti i calendari venatori italiani.
Sul termine di chiusura per le specie cacciabili in preapertura, il TAR ha chiarito che al fine di garantire il rispetto dell’arco temporale massimo di caccia (art. 18 comma 2 della 157/92) la Regione deve disporre un anticipo della data di chiusura che comprenda l’intero periodo di tempo compreso tra la prima giornata di preapertura e la terza domenica di settembre (indipendentemente dalle giornate di caccia in esso contenute).
Appare evidente che le Regioni ora, se non vorranno incorrere in potenziali ricorsi al TAR, nei nuovi calendari venatori dovranno decurtare dai periodi di caccia delle specie oggetto di preapertura l’intero arco temporale compreso fra l’inizio della preapertura e la terza domenica di settembre, indipendentemente dal numero di giornate di preapertura autorizzate. Così, per 1 o 2 giornate di preapertura a inizio settembre si perderanno una decina di giornate di caccia a fine stagione e di invitare alla preapertura tutti gli esterni che avendo il permesso (2*ATC) possono evitare di perdere tutte le giornate come lo scorso anno Drool][:142]
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