Ancora rallentato dal sonno, con lenti passi avanzava nel bosco. Pareva vagasse senza una meta precisa, mosso piu' dalla forza dei suoi tanti e tanti ricordi, che non dalle sue gambe...Quando, toccando un ramo, questi gli versò un bel po' di neve, tra il vecchio berretto di lana ed il bavero. Quel gelido tocco lo destò immediatamente e sorrise prendendosi in giro per i suoi tanti anni e per questa Passione che, ancora una volta, lo aveva portato lassù nelle montagne...
La Spinona, anche lei con troppe stagioni, senza fermarsi, si girò per pochi secondi a guardare cosa avesse da mugugnare il suo padrone, gli occhi erano stranamente severi, non dolci come sempre e con uno sbuffo riprese la salita... Anche tu sei arrabbiata con me? Disse il Vecchio. Già lo e' la tua Padrona che non voleva che venissimo qui sopra oggi! Ma sento che queste poche forze mi lasciano giorno, dopo giorno e non credo ci potremo essere il prossimo Autunno...
Un gentile ed appena chiassoso tintinnio accompagnava la lenta comitiva, il campano segnava ogni passo della cagna, leggero e cadenzato, quel Din Din si mischiava al soave silenzio del bosco, quando, ad un tratto, tacque! Il Vecchio camminò in fretta, cercando di schivare i rami bassi e quei cespugli che uscivano dalla neve. Si fermò, ma solo per respirare a fondo, una fitta, forte e secca gli attraversò il petto, attese un po' e, dopo un altro respiro riprese la salita, ma ora piano, con passi lenti e brevi...
La neve copriva bene il terreno negli anfratti e dove era stata spinta dalle fronde dei pini, mentre sulle coste e nei crinali la terra stepposa aveva vinto. Una massa di pelo, immobile, dal medesimo colore delle foglie, accese gli occhi del Vecchio, la cagna puntava una Quercia divelta tanti anni prima da un fortunale, troppo lontana dalle case per portarla via, era ancora lì, a ricordare un gigante abbattuto dal Fato. Pochi passi, un secondo che durò cento anni ed uno sparo... Il Vecchio barcollò e, tenendosi ad un ramo, si dovette sedere per terra... La fitta tornò ancora piu' lancinante nel petto, con il respiro che gli mancava nuovamente.
Mai come in quel preciso istante gli parvero belle le montagne che aveva innanzi, respirò una boccata di aria fresca ed il dolore smise. Con entrambi le mani stringeva le canne della doppietta appena sopra l' asta e si appoggiò a quel fucile come ad un bastone. Pensò alle tante volte che era stato in quei monti, ai tanti amici con cui aveva passato incantevoli giornate ed al fatto che da molti anni se ne erano andati... E, solo poi, a quella Fata del Bosco, che, come per magia, torna quasi ogni anno sotto a quella Quercia... Fù la cagna, con la Beccaccia in bocca, che, strofinandogli il viso, lo svegliò da quel torpore di stanchezza e di ricordi. Ahhh, Brava, Brava, la mia Tosca, se non avessi te.... Manco mi ero accorto che l' avevo presa, anzi, manco l' avevo vista volar via...
Stette a pensare a cosa avesse sparato e perchè... Ma la cagna, quasi stizzita, gli porse ancora una volta la sua preda. Accarezzò la cagna e, subito poi, la Beccaccia, ricomponendo quelle poche piume spettinate dal piombo... Si alzò e la sera che incalzava, dava risalto alle luci lontane del paese. Laggiù, vicino al torrente, vide quella della sua casetta, dove sua moglie lo attendeva, come sempre vicino alla stufa.... Andiamo a casa! Disse con ritrovata decisione alla cagna, pochi passi ed ancora quei dolori forti, forti, tanto da inginocchiarlo a terra.... Vide quel lumino brillare lontano, sempre più lontano, finche' si spense....
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