Ma fare questa domanda in un forum di cacciatori, che tipo di risposte credi che possano venire fuori? Io voglio argomentare il mio SI proprio per non limitarlo alla sfera della caccia. Non uccidere gli animali è qualcosa di incompatibile con la vita su questo pianeta.
ETICA nella caccia : Perchè il termine è così confutato, contrastato , contestato?
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Stai dicendo cose che non ho detto assolutamente!!! Ho risposto SI, SENZA SE E SENZA MA. Non ti va bene il SI rafforzato? E fattelo andare bene lo stesso.
Ma fare questa domanda in un forum di cacciatori, che tipo di risposte credi che possano venire fuori? Io voglio argomentare il mio SI proprio per non limitarlo alla sfera della caccia. Non uccidere gli animali è qualcosa di incompatibile con la vita su questo pianeta.Ars venandi est collectio documentorum, quibus scient homines ad opus suum deprehendere animalia non domestica cuiuscumque generis vi vel ingenio. (Fridericus II Imperator 1194-1250) -
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Spesso si confonde '"etico" a caccia con "tradizione culturale di rispetto verso l'animale ucciso": che a un cinghiale si metta un rametto di querce in bocca e un altro a coprire la ferita, oppure si faccia imbalsamare la sua testa e poi appeso alla parete di un bar, gli si metta un cappello di paglia, gli occhiali da sole e una sigaretta in bocca è solo cattivo gusto (lungo l'Aurelia fra Toscana e Lazio ci sarebbe da fare un concorso per "il peggio del peggio").Io sono uno di quelli che quando sente la parola "etica" associata alla caccia si trova un pò in difficoltà.
Cerco di essere sempre corretto e rispettoso ma fondamentalmente vado a caccia perchè mi emoziona.
Seguo una mia linea di pensiero come faccio con tutto nella mia vita, ma non credo che ci sia un senso comune che possa essere applicato ad una pratica così variopinta.
Sicuramente è facile individuare e condannare comportamenti scorretti, incivili, irrispettosi e spesso anche stupidi o pericolosi che alcuni nostri colleghi spesso mettono in atto, ma non penso che l'aggettivo "etico" sia quello che fa da spartiacque.
L'etica comincia a entrare in ballo quando si spara a un animale "per provare"...non mi dilungo oltre, ma ci siamo capiti.Ars venandi est collectio documentorum, quibus scient homines ad opus suum deprehendere animalia non domestica cuiuscumque generis vi vel ingenio. (Fridericus II Imperator 1194-1250)👍 1Commenta
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Tra le 2 cose io la differenza ce la vedo.che a un cinghiale si metta un rametto di querce in bocca e un altro a coprire la ferita, oppure si faccia imbalsamare la sua testa e poi appeso alla parete di un bar, gli si metta un cappello di paglia, gli occhiali da sole e una sigaretta in bocca è solo cattivo gusto (lungo l'Aurelia fra Toscana e Lazio ci sarebbe da fare un concorso per "il peggio del peggio").
Nella prima l'intenzione è di rispetto, nella seconda di rendere ridicolo.
Su questo sono molto d'accordoCommenta
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Nella prima c'e' una educazione culturale, nella seconda la crassa ignoranza e la mancanza di urbanità.
Ma bada bene che ai cinghiali non fa assolutamente differenza, se i colpi sono stati tutti e due ben piazzati.Ars venandi est collectio documentorum, quibus scient homines ad opus suum deprehendere animalia non domestica cuiuscumque generis vi vel ingenio. (Fridericus II Imperator 1194-1250)👍 1Commenta
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Io penso che la caccia sia una cosa molto soggettiva.
Pur rispettando le regole si può incorrere in comportamenti giudicati sbagliati o, a nostra volta, giudicare negativamente azioni che di fatto non hanno nulla di illegale.
Parlare di etica nella caccia oggi è a mio avviso sia difficile che poco utile. Non se ne trarrebbe un granché perché qualsiasi forma di caccia può essere facilmente contestata.
Una cosa su cui invece punterei maggiormente è la sostenibilità del prelievo. Se c’è questa condizione siamo già a un buon punto di partenza .
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Buongiorno a tutti. Essendomi appena iscritta, ho letto ora la discussione di agosto..
Mi ha fatto molto riflettere leggere i commenti di tutti.
Essendo una neofita, il mio concetto di etica è ancora in evoluzione e il vostro confronto mi ha aiutato a pormi domande senza trovare alibi.
A parte qualche fagiano in ATV, quindi poco più di un pollo, appena presa la licenza senza quasi saper tenere in mano un fucile (ero stata qualche volta al piattello e al poligono, giusto per capire cos' un fucile...), il primo vero animale è stato un capriolo in selezione. Ho voluto andare e toccarlo, proprio per evitare l'ipocrisia dello sparo da lontano, senza associare allo sparo, l'uccisione di un essere vivente.
Da quel giorno io faccio tutto sugli animali cacciati: pulizia, macellazione e cucina.
Le prime volte per una cittadina sono state impegnative, ma ritengo che sia etico riuscire a fare tutti i passaggi. Riterrei veramente ipocrita mangiare carne senza pensare che vengono da un animale ucciso, come fosse un pezzo di carne al supermercato e un bersaglio al poligono.
Quindi per me è etico sparare cercando di uccidere sul colpo con il minimo di sofferenza, piuttosto non sparo e varie volte l'ho fatto soprattutto in selezione. Recuperare o fare di tutto per recuperare il capo abbattuto e cucinare il capo. Non sono in grado di sparare a "nocivi" che poi non consumo. Ma per questo non ritengo che sia non etico o sbagliato se qualcuno lo fa, anzi ben venga, solo io non riesco ancora.
Il mio modo di "salutare" e rendere omaggio al morto è il riuscire a preparare e valorizzare la carne cacciata. E' proprio fuori dal mio modo di pensare il rametto in bocca ... non porto neanche i fiori al cimitero. Tutt'ora che un selvatico è morto, devo fare in modo che non sia morto in vano.
Non so se mi sto spiegando bene.
E come detto all'inizio la mia etica venatoria è in evoluzione, ho ancora troppa poca esperienza per poter giudicare se il mio pensiero è coerente, ma spero in vostre osservazioni che sicuramente mi faranno riflettere e approfondire👍 2😘 1Commenta
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Bella questa discussione.
Se posso intervenire, Livia ha centrato il problema dall'inizio. Spesso certe parole nel linguaggio comune assumono un senso che non hanno originariamente. ( Ormai è accettato anche dai vocabolari che problematica sia un sostantativo, poi un giorno qualcuno mi spiegherà la differenza tra le parole problema e problematica salvo che la seconda serve solo a riempire la bocca).
Nel linguaggio comune, il termine etico ha un accezione positiva, un comportamento etico è un comportamento buono, giusto. Ma non è così. Dire che un comportamento è etico è un pò come dire che un comportamento è "comportamentato".
Esiste l'etica che definisce e descrive come sono i comportamenti e le azioni di certi gruppi in determinati ambiti. Per certi popoli dare denaro per ottenere un favore da un pubblico funzionario è perfettamente normale e accettato. In altri è tanto disdicevole da essere punito per legge. Sono due etiche diverse.
Chi si indigna quando sente parlare di etica della caccia, è come se se la prendesse perchè il cielo è blu. La caccia è un'attività che viene svolta e chi la svolge ha delle regole di comportamento. Sono solo dati di fatto.
Tra l'altro chi è contrario alla caccia non dovrebbe importargli nulla di come viene condotta perché il suo giudizio definisce come riprovevole l'attività in sé che viene ridotta alla sola uccisione, il resto sono questioni superflue. Invece, per chi la pratica le regole di comportamento non sono per nulla superflue perché discendono da una scelta orginaria di agire e quando scegliamo di agire ci diamo delle regole. Queste regole saranno in parte non scritte e in parte scritte e da queste nascono i giudizi, ossia se un comportamento è conforme a una regola oppure no, bene-male.Ultima modifica Shelby; 21-05-25, 18:02.👍 31
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Grazie per l'ottima ,lucida , profonda e nitida analisi.
Molto spesso dimentichiamo che certi schemi comportamentali , oltre ad essere oggetto di studi scientifici e quindi già decodificati, sono comuni a tutti gli esseri umani .
Possono variare da persona a persona in intensità o risposta allo stimolo, ma quando un certo bottone viene pigiato , la reazione è certa. Un pò come i tabù......
Convivere con un argomento come la morte , specie quando la si dà, è o dovrebbe essere fonte di riflessione, presa di coscienza e responsabilità e anche onestà.
C'è anche chi preferisce non farsi il problema .....beh....beati loro
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quindi quante "etiche" esistono? decine....centinaia...milioni?? Oppure come afferma qualche Greco d'altri tempi " l'etica si basa sull'idea che ogni azione mira a un fine considerato buono, con la felicità come bene sommo raggiunto attraverso la vita secondo virtù." ??Bella questa discussione.
Se posso intervenire, Livia ha centrato il problema dall'inizio. Spesso certe parole nel linguaggio comune assumono un senso che non hanno originariamente. ( Ormai è accettato anche dai vocabolari che problematica sia un sostantativo, poi un giorno qualcuno mi spiegherà la differenza tra le parole problema e problematica salvo che la seconda serve solo a riempire la bocca).
Nel linguaggio comune, il termine etico ha un accezione positiva, un comportamento etico è un comportamento buono, giusto. Ma non è così. Dire che un comportamento è etico è un pò come dire che un comportamento è "comportamentato".
Esiste l'etica che definisce e descrive come sono i comportamenti e le azioni di certi gruppi in determinati ambiti. Per certi popoli dare denaro per ottenere un favore da un pubblico funzionario è perfettamente normale e accettato. In altri è tanto disdicevole da essere punito per legge. Sono due etiche diverse.
Chi si indigna quando sente parlare di etica della caccia, è come se se la prendesse perchè il cielo è blu. La caccia è un'attività che viene svolta e chi la svolge ha delle regole di comportamento. Sono solo dati di fatto.
Tra l'altro chi è contrario alla caccia non dovrebbe importargli nulla di come viene condotta perché il suo giudizio definisce come riprovevole l'attività in sé che viene ridotta alla sola uccisione, il resto sono questioni superflue. Invece, per chi la pratica le regole di comportamento non sono per nulla superflue perché discendono da una scelta orginaria di agire e quando scegliamo di agire ci diamo delle regole. Queste regole saranno in parte non scritte e in parte scritte e da queste nascono i giudizi, ossia se un comportamento è conforme a una regola oppure no, bene-male.Commenta
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Provo a rispondere alla tua domanda, che aprirebbe questioni complesse, raccontando un episodio che mi è stato narrato da una mia pro zia, donna nata alla fine del '800.
quindi quante "etiche" esistono? decine....centinaia...milioni?? Oppure come afferma qualche Greco d'altri tempi " l'etica si basa sull'idea che ogni azione mira a un fine considerato buono, con la felicità come bene sommo raggiunto attraverso la vita secondo virtù." ??
Lei e suo marito erano sfollati nelle campagne dell'entroterra ligure. Nel '44 una compagnia della divisione Monte Rosa si acquartiera nella proprietà e i comandanti si sistemano al piano terra della casa.
Un giovane alpino , circa 20 anni, era della zona.
scappa una prima volta per andare dalla famiglia, una seconda e alla terza lo vanno a prendere in casa dei suoi genitori di notte mentre dormiva nel suo letto.
All'alba lo fucilano per diserzione contro il terrapieno di una fascia sotto la casa dei miei pro zii.
Dopo ppche ore i miei zii sentono picchiare alla porta che dava sul corridoio sul loro piano, mia zia apre e si trova di fronte il comandante della compagnia ubriaco fradicio e in lacrime.
Lei lo fa entrare e lui comincia a ripetere...perché il plotone non ha sparato a me...
Immagina oggi, in Italia, una situazione del genere anche se fossimo in guerra.
In sintesi, si le etiche sono infinite.
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qui dove sarebbe l'etica? etico è il comandante ubriacone e piagnucolone con i pentimenti del giorno dopo? Direi più patetico che etico! Oppure etico è il giovanotto che diserta? E perchè diserta? Codardia....amante del proprio letto....obiettore di coscienza? Mah! E qui chiudo perchè parlare di "ETICA" dottrina sviluppata e discussa dai più grandi filosofi greci e non solo lo, trovo assai poco etico ( per via della mia ignoranza in materia)!
Provo a rispondere alla tua domanda, che aprirebbe questioni complesse, raccontando un episodio che mi è stato narrato da una mia pro zia, donna nata alla fine del '800.
Lei e suo marito erano sfollati nelle campagne dell'entroterra ligure. Nel '44 una compagnia della divisione Monte Rosa si acquartiera nella proprietà e i comandanti si sistemano al piano terra della casa.
Un giovane alpino , circa 20 anni, era della zona.
scappa una prima volta per andare dalla famiglia, una seconda e alla terza lo vanno a prendere in casa dei suoi genitori di notte mentre dormiva nel suo letto.
All'alba lo fucilano per diserzione contro il terrapieno di una fascia sotto la casa dei miei pro zii.
Dopo ppche ore i miei zii sentono picchiare alla porta che dava sul corridoio sul loro piano, mia zia apre e si trova di fronte il comandante della compagnia ubriaco fradicio e in lacrime.
Lei lo fa entrare e lui comincia a ripetere...perché il plotone non ha sparato a me...
Immagina oggi, in Italia, una situazione del genere anche se fossimo in guerra.
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