Non dal tetto, ma dalle fondamenta....

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sergiogunnella
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    #1

    Non dal tetto, ma dalle fondamenta....

    Amici! Cominciate dalle fondamenta e non dal tetto.
    Premetto che io non sono d’ accordo con un animalista neppure quando, parlando, stiamo dicendo la stessa cosa. Il perché non è da ricercarsi in seno alle idee espresse da entrambi, ma semmai, all’ interno delle ideologie, tanto viscerali da separare inesorabilmente le nostre due sfere del pensare. Questo confronto, semmai si potesse realizzare, potrei azzardare di dipanarlo con “certe” organizzazioni “ambientaliste”, ma mai con “altre”. Parlare di differenze, o meglio di diversità, fra coloro che sono iscritti a questa o a quella associazione ecologista, mi appare perfino superfluo. Sono talmente poche quelle che ci ignorano….
    Se mai Federcaccia & C., nel loro puerile tentativo di scindere l’ acqua dal vino, avessero deciso di lasciar fuori dalla porta del confronto quelle che ogni due ore commissionano ai TAR del nostro Bel Paese i calci negli stinchi da rifilare agli Uomini dei Boschi, sono portato a pensare che i “colleghi” cacciatori si ritroverebbero irrimediabilmente….da soli!
    Ma voglio ugualmente affrontare l’ esamino, magari evitando di assegnare voti e valutazioni pregiudizievoli che, se mai dovessero contribuire a superare la cosiddetta sufficienza assegnata a questa o a quella organizzazione del “tutto vietato e sempre”, tale votazione si potrebbe ripercuotere su me stesso, facendomi ritrovare -chissà- coinquilini indesiderati nella mia stessa casa.
    Non è cosa medesima che potrebbe succedere alle associazioni venatiche che hanno deciso di far comunella con organizzazioni caratterizzate, per così dire, da una diversa scuola di pensiero rispetto alla loro? Anni e anni di scaramucce, steccati insormontabili, diatribe di ogni genere hanno caratterizzato e caratterizzano tuttora le diversità esistenti fra chi, da una parte cerca di modificare la 157 in tutta autonomia (come se a caccia andassero solo loro!), e decidere così del futuro di TUTTI, e chi, dall’ altra, spera in cuor suo di cancellare con una passata di spugna, ogni possibilità di una sua ragionata continuazione. Ergo, la chiusura dell’attività venatoria vita natural durante!
    La differenza -quindi- appare tanto sostanziale, quanto improcrastinabile. Allora la mia domanda è questa: perché fra due opposte fazioni che per decenni non hanno mai cercato comunicazione, che si sono cocciutamente rinfacciate posizioni divergenti, pur se caratterizzate da interessi comuni, quali l’ ambiente, la conservazione, la programmazione del prelievo faunistico, la pianificazione del territorio, adesso dovrebbero fare pipì nello stesso water? Perché fra coloro che nel tempo hanno scelte strade diverse, pure istituzionali (leggi: ministero delle Politiche Agricole e ministero dell’ Ambiente), continuando a farsi una guerra senza quartiere su decisioni pretestuosamente inconciliabili, dovrebbero cominciare a flirtare proprio su un argomento tanto delicato e per certi versi “esclusivo”, come quello delle modifiche da apportarsi alla normativa del 1992 conosciuta da tutti come “la legge sulla caccia”?
    L’ errore, secondo il mio modestissimo parere, si annida proprio qui.
    Perché vedete, “amici dall’ idea malsana”, col vostro agire voi state regalando a piene mani fiducia a chi vi ha sempre odiati, denigrati, privati della vostra dignità di cittadini. A chi ha scomodato per svariate volte tutti gli italiani con referendum che intendevano delegittimare un diritto acquisito, un modo di essere e di proporsi nella società civile; uno “stile di vita” caratterizzante una nicchia di cittadini onesti e colmi di valori. Avete subito fino ad oggi da costoro ogni sorta di angherie, convinti che questo fosse l’ unico modo per “sopravvivere” e continuare così a “gestire” una passione che i vostri iscritti hanno ereditato dai loro padri e dai loro nonni. E in nome di questa debolezza concettuale, avete accettato di prendere in casa (negli ATC, per fare un esempio) gente che in nome dell’ ambiente fa comunella con chi vive con il solo scopo di chiudere definitivamente e per sempre la caccia (LAC, ENPA, LIPU, LAV, e….e….).
    Guardate che gli “amici degli animali” che in questo momento vi fanno sorrisi e si tolgono il cappello, non si scoprono il capo per rispetto, ma per poterlo appoggiare sulla sedia e occupare così un posto che farà più comodo a loro che a voi, statene certi.
    Perché non misurate loro la febbre, invece? Bussate alla porta e chiedete di entrare in casa loro e di mettere voi il cappello sulla loro sedia. Così, tanto per parlare di ambiente. Serenamente e fra “colleghi”. Colleghi, ho detto? mica è un’ offesa! Chiedete loro i “pass” che sono tuttora riservati solamente agli ambientalisti e confrontiamoci tutti. Un esempio? Al Ministero dell’ Ambiente, ai tavoli di confronto, apparecchiati periodicamente dagli “addetti ai lavori” (che a quanto pare sono SOLO loro) su problematiche territoriali e ambientali dove anche i cacciatori potrebbero esprimere la propria opinione, nei comitati direttivi dei Parchi, sulle proposte indispensabili per modificare serenamente anche l’ altra grande legge sulle aree protette, la 394 del 1991. Perché cominciare a darsi del tu proprio dalla modifica di una legge, la 157, che, se è vero che non dobbiamo considerarla solamente “nostra”, non possiamo neppure ignorare che essa riguarda da vicino, proprio i cacciatori? Molto da vicino….
    Una sorta di rodaggio, questo che sto proponendo. Così, tanto per conoscerci meglio e capire insieme dove andare a parare con “accordi” futuri che, pur se pienamente auspicabili, scaturirebbero comunque da fazioni la cui dialettica è stata fino ad oggi inesistente. Modificare una legge come la riforma del 1992 è cosa da grandi….E l’ assoluta mancanza di comunicazione pregressa, lo sappiamo tutti, porta quasi sempre a situazioni pericolose. Ma soprattutto a compromessi altrettanto pericolosi. Come quelli che ci portiamo sul gobbo dal lontano 1992.
    Come Esopo nella sua favola “il cane e la lepre”, anch’ io sono convinto che dietro ai sorrisi eccessivi e alle cortesie gratuite di persone sconosciute si nasconda spesso un secondo fine subdolo e pericoloso.
    Calma e gesso, quindi. O meglio: io do affinché tu dia, “do ut des” , deve essere la condicio sine qua non su cui lavorare in futuro con questi “aspiranti collaboratori”. Sempre che siano così bravi da meritarsi la stima di tutti gli Uomini dei Boschi.
    E se un giorno decidessimo tutti -sottolineo tutti- di collaborare, perché cominciare dal tetto e non dalle fondamenta?
    Sergio Gunnella

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