Ecco il lungo racconto, a futura mia memoria e quindi ricco di dettagli.
Alla chiusura temporanea dell'11 novembre ci restavano da chiudere due braccialetti camoscio, yearling e adulto. Aspettiamo speranzosi la ri-apertura del 6 dicembre per valutare il prosieguo della stagione, ma una prima copiosa nevicata, il 3 dicembre, fa saltare i piani rendendo la montagna difficilmente raggiungibile e pericolosa; bisogna attendere l'evolversi della situazione.
Arriva una settimana di caldo, di nuovo inusuale, i versanti S si spogliano di neve, sui N si stabilizza.
Mia moglie ha un impegno di lavoro, venerdì a Firenze e sabato mattina a Genova: se vado a caccia quasi non se ne accorgerà
Già so che martedì prossimo, oggi, le previsioni daranno un giorno e mezzo di neve continua che lassù significa 80 cm di neve fresca e quindi stagione quasi sicuramente finita.
Sto (finalmente mi dico, quest'anno ne faccio 60!) diventando restio ad andare da solo, avventura/cazzata fatta e raccontata più volte con successiva promessa di non farlo mai più; uno dei miei figli, il 19enne, è fortunatamente disponibile ad accompagnarmi, ma chiamo mio fratello per vedere se anche lui fosse libero: saremo in tre!
Solita telefonata ai guardiaparco per avvertirli del nostro passaggio notturno a "casa loro", solite raccomandazioni e gufate ricevute (ci rispettano, ma stanno dalla parte degli animali!) e l'indomani mattina, alle 4.30 partiamo da casa qui sulla costa. Niente Bavarese, troppo pericoloso in questa stagione portare il cane: non si lascia mettere i ramponi
Un'ora di macchina e siamo all'ultimo villaggio, a 1.350 m di altitudine, temperatura -3°, e qui una piccola brutta sorpresa: hanno sbarrato la strada con un grosso mucchio di neve per evitare il passaggio di macchine e questo ci obbliga a circa un chilometro in più di strada a piedi. All'andata sarà poca roba, ma al ritorno già so che per un km in meno pagherei importanti cifre

Siamo molto carichi; oltre alle solite cose, agli scarponi pesanti e ai tanti strati di abbigliamento, nello zaino bisogna portare mezza corda, piccozza, ramponi, racchette da neve....
La prima parte della ripida salita, in sponda sx orografica di un torrente, è esposta a Sud e si cammina tranquillamente nonostante la pendenza (abbiamo circa 900 m di dislivello attivo per portarsi nelle zone di caccia); poi si passa in sponda dx e nel bosco la neve la farà da padrona: metti e leva le racchette in continuo.
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Per me, reduce da una bruttissima influenza, sarà un supplizio; mi sento veramente "vuoto", arranco dietro a mio figlio e mio fratello che si alternano per aprire la pista aiutandomi un po'.
Ci metteremo quasi tre ore per arrivare in quota, una in più che d'abitudine per fare la solita foto a fine salita, 2.100 m l'altitudine

La neve qui diventa crostosa e bisogna togliere definitivamente le racchette perchè fanno un casino immane che ci annuncerebbe a centinaia di metri di distanza. Si sprofonda spesso fino al ginocchio, ma arranchiamo ancora qualche centinaio di metri per portarci fuori dal Parco, in Francia e a "casa nostra" dove facciamo una piccola sosta, colazione e montaggio delle carabine. Nello zaino abbiamo i kipp, io il brutto ma efficiente Bergara b13 in .308 win, mio fratello il nobile K95 in 7x65R.
Appena ripartiti subito scorgiamo due branchi di camosci, uno da 15 nel Parco e uno da almeno 40 in zona cacciabile. Sono a 650 metri da noi e pascolano tranquilli al primo sole. Ma abbiamo poca copertura, rari lariciotti sparsi qua e là che cercheremo di sfruttare al massimo.
Senza racchette procediamo lentissimi, in fila indiana coi due dietro coperti dalla sagoma del primo, testa bassa col berretto a visiera a coprire occhi e il bianco della faccia, pochi lenti passi e di nuovo fermi per tranquillizzare gli animali che ci avessero eventualmente visto.
Siamo a 400 metri e tutto va bene. Gli animali pascolano tranquilli. Ma sappiamo che la parte più difficile deve ancora arrivare. Non vogliamo sparare troppo lungo, benchè fiduciosi delle nostre armi e dell'ausilio di telemetro e Strelok che rendono gli errori molto limitabili.
300 metri, un maschio adulto un poco staccato dal branco ogni tanto guarda nella nostra direzione; bisogna fare ancora più attenzione e limitare ulteriormente l'avanzata. Siamo allo scoperto, avanziamo ora a 4 zampe, pure in ginocchio, 5 metri e ci si ferma. Non finisce più, ma il telemetro dice 260 metri quando, vicino a noi, una roccia ci darebbe buona copertura e un buon appoggio.
Ci siamo, i camosci sono fermi e il maschio singolo, a 180 m, tranquillo alterna occhiate verso di noi al pascolo. Io, come sempre, vorrei avanzare ulteriormente fino ai piccoli larici 50 metri davanti a noi, ma il fratello (maggiore e quindi solito rompiballe) mi cazzia con un perentorio: "preparati che si spara da qui!"
Al binocolo tutti e tre troviamo facilmente le femmine seguite dai piccoli delle annate, poi quelle sole e finalmente, mio fratello lo yearling di cui però, senza lungo, non distinguiamo il sesso.
Entrambe le carabine sono sull'orribile bipiede (che nulla toglie al già terribile look della mia), belle stabili col sacchetto di granulato sotto alla pala. 254 metri la distanza, 17° l'angolo positivo, temperatura e pressione già impostate, leggera brezza: Strelok dice per me 7 click (nel mio cannocchiale 1 click = 1 cm/100 metri), 6 per mio fratello (per lui 1 click = 1/4 di MOA).
Gli animali si spostano abbastanza e non è facile averli contemporaneamente tutti e due in buona posizione e fermi.
Finalmente, all'unisono, "io ce l'ho".
Coi ricordi di quando, bimbi, papà ci portava al capanno, col volo di stornelli che attirato dal "drappello" si era posato sulla "rama", parte un naturale "uno, due..." boom!
Il branco parte, ma due fanno solo pochi passi e si fermano.
Mio figlio, al binocolo durante tutta l'azione di tiro, conferma che sono entrambi colpiti. E infatti vanno a terra dopo poco.
Siamo felici, ci complimentiamo a vicenda, abbraccio mio figlio: azione veramente difficile, ma di soddisfazione.
Anche sparare insieme, cosa mai fatta prima, ha aggiunto difficoltà e stress.
Aspettiamo un buon quarto d'ora, il branco si è spostato dietro la montagna e non è più visibile (ma nell'ora successiva ogni tanto dalla cresta se ne affaccia uno) e ci portiamo sul posto non prima di aver telemetrato esattamente la distanza in modo da evitare errori una volta sul posto, quando prospettiva ed esposizione cambiano.
E gli animali sono lì, fermi su una cengetta di neve, femmina adulta la mia, femmina yearling la sua.

Le prepariamo, sistemiamo negli sloveni e carichiamo il terzo zaino che, con due carabine e tante altre cose, si rivelerà pesante quasi al pari degli altri due.
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La prima parte della discesa, con le racchette per non scivolare, sarà parecchio dura. Poi la pendenza viene a meno, togliamo le racchette e...le articolazioni ringraziano.
L'ultimo km, come previsto, sarà una via crucis. Ma la locanda con la stufa accesa, un piatto caldo e una Leffe è lì, dietro l'angolo.
Ci arriveremo alle 15, oltre 9 ore dopo aver lasciato la macchina.
La mattina dopo è fortunatamente domenica, si dorme un poco più ma quando mi alzo...sono un dolore unico.
Mia grande gioia quando mia moglie mi dice che dopo una settimana di lavoro e viaggi farebbe volentieri due passi sul Pizzo, nella neve, 2.400 m di altitudine (che non raggiungerò). Non si può dire di no
Saluti e auguri a tutti, Matteo
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