Tra il 1955 e il 1980 ci fu un aumento sponenziale dei cacciatori in Italia; le licenze si attestarono a oltre 1.800.000.
L'andamento rivelava in modo incontrovertibile che la caccia non era "una moda": era una Cultura alla quale finalmente poter aderire grazie alle soppraggiunte condizioni economiche che finalmente lo permettevano.
Eravamo, con la FIDC, tra quelli che 50 anni prima avevano fondato il CONI.
DA DOVE VENIAMO.
I cacciatori appena dopo l'unità d'Italia si trovarono divisi in una miriade di associazioni, residuo di quanto precedentemente in essere nei vari stati poi annessi al regno.
L'unica cosa che accomunava tutti i cacciatori fu la "licenza di caccia", introdotta nel 1874.
Come vivevano la cultura della caccia gli italiani, che ne 1860 erano 22.000.000?
La Cultura risorgimentale non vedeva in modo distinto tiro a segno, tiro al piccione, caccia...
C'era un uomo, possibilmente un patriota, che aveva il diritto di armarsi allo stesso tempo per cacciare, difendere la famiglia, soccorrerere la patria.
I sentimenti in essere erano ben sintetizzati nello spirito garibaldino.
Lo stesso spirito della spedizione dei 1000, nei volontari in Francia nel 1914, è quello che troviamo nelle formazioni (non a caso) dei "Cacciatori delle alpi".
Uno schioppo, fino alla prima guerra mondiale, faceva la differenza in una guerra che durava al massimo qualche battaglia e poche settimane.
E allora cosa troviamo nella Italia appena unita?
Una miriade di associazioni, commiste dal tiro a segno al tiro al piccione, dalla attività venatoria fino all'allevamento dei cani da caccia.
(to be continued)
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