Si vive di sensazioni e quella mattina erano miste a speranza e desiderio.
Le scorse settimane non sempre tutto era girato per il giusto verso.
Il fato si era messo di buzzo buono per scompaginare i buoni propositi.
Quell’ultima mattina sembrava, invece, che avesse un che di tranquilla serenità da elargire.
La vipera era uscita poco, pensavo quindi di farle mordere l’ultima preda dell’anno.
Con il sole che non era ancora sorto, il rustico kipplauf spagnolo fu messo in spalla.
Poche parole con il socio, uno sguardo di intesa e ci avviammo.
Lui giù per un certo canalone a ridosso, prodigo di piacevoli sorprese con quel vento da est , freddo e dispettoso per le raffiche più intense.
Io su fino al crinale dove avevo un conto in sospeso con un “fantasma” , un certo ibrido di mole dai toni grigiastri.
Oddio andare fin su è impegnativo e faticoso, una scarpinata per un ripido stradello, che per un bel tratto diventa più irto e pieno di sassi, ti toglie il fiato e taglia le gambe, pertanto spesso si rinuncia.
Ma la vipera , sottecchi, mi guardava col suo occhietto Meopta, come a dire portami su che al resto penso io.
Glielo dovevo, l’avevo un po’ trascurata e se la meritava quell’ultima opportunità.
Mi avviai per la via crucis con tutte le sue stazioni da rispettare, non tanto per devozione, ma per necessità, con la scusa di osservare intorno, di tanto in tanto è necessario riportare i battiti sotto quota cento…..
Il primo tratto scorre via sotto i piedi, nelle prime due piazzole di riposo non ci sono tracce, alla terza uguale come prima, mi assale il dubbio se valesse la pena, proseguire per il tratto più impegnativo, irto e pieno di sassi.
Sto per rinunciare, ma assestando la carabina in spalla, forse per caso o intenzionalmente la viperetta mi conficca la leva di apertura giusto tra due costole, un ben assestato colpo di sperone e prima che arrivi anche una frustatina, mi avvio come un ciuco rassegnato verso l’alto.
Cinquanta metri e si interseca il “viottolo buono”, molto evidente e trafficato quando gli animali sono in zona.
Stavolta solo la traccia di un singolo animale proveniente dall’alto che imboccava il viottolo giù verso lo sporco.
Unica nota positiva, considerato che aveva piovigginato fino ad un’ora prima, il passaggio era avvenuto nell’arco di quest’ultima ora, le impronte erano nette sul terreno bucherellato dalle gocce.
Un barlume di speranza per qualche altro che poteva aggirarsi in zona.
Magari il fantasma, che nella foschia l’ultima volta mi aveva ingannato, proprio più su, sotto il gruppetto di sugheri.
Or dunque anche questa merita di essere raccontata, un fantasma cinghialesco non si incontra mica spesso.
Spostate le lancette dell’orologio indietro di circa 10 giorni.
Quella mattina la luce stentava a venir fuori, dense nuvole in cielo e in terra nebbia e bruma che di tanto in tanto si diradava per poi tornare.
E quelle fastidiose goccioline danzanti nell’aria che ti si condensano addosso.
L’intenzione era di andare fin su, per tempo, e appostarsi su un rialzo del terreno a meno di cento metri dai sugheri menzionati prima, posizione ottimale che consente di controllare quella zona, avere sottocchio cinquanta metri sotto parte del “viottolo buono” per individuare qualche movimento, così da potersi preparare per un tiro all’ingresso opposto oltre lo stradello ad un centinaio di metri.
Infine con tre passi più in là era possibile controllare un bello slargo più in basso, a circa 200 metri.
Tre valide opzioni da tenere in tasca, se in tasca non c’è un buchino in tal caso le opzioni le perdi prima di arrivare.
Or bene salendo mi fermo per recuperare il fiato a una trentina di metri dai sugheri, mi guardo attorno ma nel grigiore diffuso c’è poco da vedere, ascolto, di tanto in tanto il lieve tonfo di qualche ghianda che cade.
Penso bene c’è pastura, altri tonfi e tra questi ….un soffio…
Ascolto ancora …ghiande …ghiande …leggero fruscio ….di nuovo il soffio!
Diavolaccio di una bestia è già sotto i sugheri, gli sono quasi addosso, più basso e con in mano la CZ con il 3-12 x 50.
Senza nessuna possibilità di allontanarmi per recuperare quota aggirandolo, struscerei tra la vegetazione e mi sentirebbe.
La luce che non riesce a bucare a sufficienza le dense nubi , foschia che ovatta tutto, viso e mani umidicci, che fare?
Ormai son lì provo passo dopo passo con estenuante lentezza a salire, nella speranza di individuare, prima o poi, una macchia scura o un movimento sotto gli alberi, pian piano salendo appaiono seppur confuse porzioni di terreno sotto di essi, vuote.
Potrebbe sentirmi da un momento all’altro, guadagno ancora qualche metro, la bruma cresce poi svanisce un po’, c’è adrenalina mi piace, tensione mi piace meno.
Se riesco ad arrivare al cumulo di terra che ho di fronte potrei spaziare un po’ con lo sguardo, arrivarci però.
Confido che la leggera brezza che sento sul sul viso, prevalentemente sulla guancia destra mi aiuterà.
Piede sul ciuffo d’erba, piccolo passo, altro piede sul terriccio evitando sassolini che potrebbero scricchiolare, altro piccolo passo, lentamente.
Infine sono sul dosso.
La porzione di terreno sotto gli alberi è vuota, mi avrà sentito e si è allontanato in silenzio, penso, poi un soffiare, vicino ….molto vicino…nella depressione del terreno sotto di me, nascosta allo sguardo da rovi e cisto.
Se faccio un salto gli sono sul groppone, é tra il cisto a un paio di metri forse, non mi ha ancora sentito, così come io non riesco a distinguerlo.
Percepisco solo lo sgranocchiare ghiande ma nulla di più.
Il grigiore diffuso rende la scena opaca, sarà mica un fantasma.
Poi un movimento, un orecchio cenerino fa capolino tra le foglie del cisto.
Saranno due metri e poco più mi da le terga, sentirà la mia presenza da un momento all’altro.
Sono cosciente e amareggiato che 3 ingrandimenti in quel contesto sono troppi, traguardo nulla un grigio profondo zeppo di goccioline, lentamente passo il pollice sulla lente migliora un po’, ma é tutto confuso.
Stallo.
Si rigira un tantino sempre al coperto nel fosso, adesso distinguo una porzione del cinereo groppone, ma nell’ottica é tutto indefinito.
D’improvviso tira su la testa ha avvertito la mia presenza, sposto la canna in direzione della presunta via di fuga, un varco tra gli alberi una decina di metri avanti sperando di poterlo intercettare.
Parte a passo lesto ma non precipitoso, infila lo spazio tra i due alberi, non nitido è nell’ottica ma scompare come un fantasma, diluito nella nebbia.
Sono di sasso.
Vado sotto gli alberi e le impronte mi dicono che appena dietro l’albero ha stoccato a sinistra verso il basso, mentre io speravo che salisse.
Dopotutto arrivare a quella taglia non è da tutti.
Mi sovviene la maledizione dell’ariete ….ancora una volta.
Adesso possiamo pure riportare le lancette avanti ……..
Commenta