Avrei potuto scriverlo sulla discussione del ba13 che è protagonista del finale, ma per come è andata credo meriti uno spazio a se.
È un poco lunghetto per cui lo posterò in due spezzoni, ma senza renderci partecipi di ciò che è accaduto nelle prime ore non si comprenderebbe l’appagante esito finale.
Spero che un poco di quelle emozioni di quella strana giornata vi arrivino.
[brindisi]
---------- Messaggio inserito alle 10:21 AM ---------- il messaggio prcedente inserito alle 10:19 AM ----------
Il meteo indicava pioggia sino alle sette, poi una tregua di cinque sei ore quindi ancora pioggia.
Il lunedì avevo declinato l’invito e poi erano già in tre, ma Alex il martedì è tornato alla carica per il giorno successivo, sa come convincermi, mi ha raccontato del lunedì e poi: “allora che fai io vado lo stesso anche da solo”, non si lascia solo un tale amico.
E va bene lo confesso ero interessato anche a quanto riferito del lunedì.
In pratica lui aveva visto tre animali interessanti attraversare in alto una pietraia, mentre gli altri due amici avevano incrociato un bel verro da un’altra parte, senza riuscire a tirare.
Con queste premesse attendevamo al buio che spiovesse, era semplice, lui più interessato ai tre sarebbe salito verso la pietraia, mentre io sarei andato alla ricerca dell’altro.
Appena prima di albeggiare ha smesso di piovere, bene, lui si avvia subito ha da fare quindici minuti buoni in salita.
Io attendo che la luce fosse buona, la mia azione sarebbe iniziata sin da subito appena affacciato ad un dosso.
C’erano interessanti pratini, che poi avrei costeggiato lungo una stradina malconcia, un tratto di circa duecento metri in discesa, da fare lentamente e con tante soste.
Speravo che con la pioggia non potendo pasturare al meglio, gli animali si attardassero più del solito.
Mi affaccio e subito distinguo tracce interessanti, passo il filo spinato e controllo da vicino, orme di buona misura nette dove non si era raccolta acqua o comunque un velo, terra rivoltata che seppur bagnata manteneva un aspetto “ruvido” con grani ben definiti , tutto portava a supporre una frequenza nell’ultima ora.
Guardo in direzione del mare e non prometteva bene, si distinguevano nuvole con appesi scrosci d’acqua che seppur distanziati tra loro avanzavano verso monte.
Mi sono avviato per la stradina una la lenta discesa, sperando che il proprietario di quelle impronte titubasse in quei puliti tra rovi e cisto.
Pur con il vento a mio favore, ero molto attento a non fare rumore, evitavo i sassi instabili e posavo i piedi su quelli ben incassati nel terreno, quando possibile preferivo piccole zone erbose.
Intanto gli occhi cercavano, il vento però con il suo andare discontinuo muoveva tutto, non era possibile individuare tra tanto cisto qualche movimento premonitore.
Arrivato in vista della pozza usata come insoglio, non che avessero motivo per usare proprio quella, aumentai l’attenzione, intorno era tutto pasticciato ma con i rivoli d’acqua che scendevano per la stradina e dai suoi margini non era possibile leggere nulla.
In quel punto c’è sempre il dilemma se affacciarsi sullo spiazzo di destra con tanto cisto e rovi alti circa al ginocchio, una sorta di anfiteatro circondato da una muraglia di alberi e arbusti fitti, ove conosco quattro buoni punti di passaggio per il folto.
Oppure andare a sinistra verso un praterello con una piccola stalla, poco più di una tettoia in lamiera con tre pareti in legno, il percorso consente di tenere l’occhio, da altra angolazione, gli sprazzi di pulito che avevo incessantemente guardato sino ad allora, quindi poi scendere per un tratto ripido ove allungare lo sguardo verso un laghetto e l’ampio spiazzo che lo circonda.
Scelsi quest’ultima opzione, attraversando in prossimità della pozza il fango si attaccava agli scarponi e produceva un rumoroso risucchio non era un bene.
Fatti pochi passi nel prato alle mie spalle, dalla stradella appena abbandonata, il netto rotolare di una pietra, qualcosa l’aveva smossa.
Sono tornato indietro molto lentamente per evitare il risucchio del fango, io non l’ho sentito ma non ero certo di esserci riuscito del tutto.
Rimasi un attimo a spiare sulla strada nulla.
Poi la sensazione di uno strusciare tra gli arbusti, poteva essere lui o il vento che mi prendeva in giro.
Sempre con passo misurato ho attraversato la strada immettendomi nello spiazzo di destra con il rammarico di non averlo fatto prima.
Intanto una pioggerella fine e ghiacciata arrivava a sprazzi.
Sondavo metro per metro quella radura alla ricerca di un indizio nulla.
E sempre con la massima attenzione mi sono addentrato verso un gruppetto di alberi per migliorare il punto di osservazione, potevo anche ripararmi da quegli aghi gelati che mi colpivano il viso.
Ho atteso un po’ ma non aveva senso restare lì, la pioggia era aumentata e tornata liquida.
Sono andato alla tettoia per attendere l’evolversi della situazione, potevo tenere d’occhio una bella fetta di terreno, proprio la parte più bassa dove avevo visto le prime tracce, pochi alberi, rovi e altri arbusti con buone zone di pulito.
Il meteo non era disposto a supportare le mie intenzioni, le nuvole si susseguivano trasportate dal vento, basse sulla vallata che alla mia altezza erano nebbia.
E così tutto si trasformò nel mondo dei folletti e delle fate, quel piccolo mondo che mi circondava spariva e riappariva di continuo, tra grigiore e improvvise lame di luce.
Un mondo velato con ombre e strane luci, non mi sarei meravigliato se all’improvviso qualche creatura magica si fosse palesata.
Mentre ero perso in questi pensieri una folata di vento spazzò parte del grigiore, riapparve la bella quercia alla mia destra e sotto…..strizzai gli occhi non era possibile ….. al riparo sotto quella grande chioma …..un unicorno.
Che ci crediate o no era lì.
Beh sì insomma, la prima sensazione e forse anche la seconda, ma guardando bene quel bel cavallo candido per un gioco di luci sembrava avere un iridescente unico corno, effetto delle goccioline di pioggia su un ramo spoglio.
Da quel momento un poco per gioco un poco per scaramanzia cominciai, con la fantasia dei miei pensieri, a immergermi in quel mondo magico.
Lo sguardo ipnotizzato dalla pioggia che formava quelle continue piccole onde concentriche nelle pozzanghere vicine.
Mi riportava alla realtà solo il continuo ticchettare della pioggia sulle lamiere del tetto, il freddo intenso che trasformava le goccioline d’acqua in ghiaccio.
Povere le dita delle mani sempre più gelate, poi una folata di vento spazzava per qualche attimo le nuvole e allora lo sguardo bramoso correva lungo i pratini, ogni roccia ogni tronco caduto poteva anche muoversi ed essere una sorpresa, poi tutto spariva inghiottito dalla nebbia e lui l’unicorno sempre sotto la sua quercia a testa bassa.
Gelavo, ho iniziato il pellegrinaggio dentro la piccola stalla, anche i piedi erano gelati, giravo in tondo come un matto in gabbia, almeno mitigavo un po’ il freddo.
Dopo una mezz’ora ho pensato che appena rallentava la pioggia sarei tornato all’auto, davvero tanto freddo.
La pioggia rallentò e ricominciò per ben 4 volte ma sono sempre rimasto lì ammaliato da ciò che mi circondava, l’unicorno sempre sotto il suo albero, immobile, paziente, ormai era il mio consigliere.
Trascorse così più di un’ora, quanta strada avrò fatto dentro quella piccola stalla chissà.
Ancora un diradarsi di nuvole e il mio unicorno ancora lì.
Ma qualcosa stava cambiando, il cavallo non teneva più la testa ciondoloni ma ben alta, si portò al limite della chioma, piovigginava appena, lui si mise a pascolare, poi si avviò nella mia direzione mi guardò e tornò a pascolare, crederci? cosa voleva suggerirmi il mio consigliere…..capì e uscì da quel rifugio.
Avrei ascoltato ogni sussurro del vento e interpretato ogni segno, non era un giorno come gli altri, non so se era più un credere o perlomeno sperare, certamente volevo provare.
Dopotutto un unicorno non si scomoda dal suo mondo per te senza un buon motivo.
---------- Messaggio inserito alle 10:24 AM ---------- il messaggio prcedente inserito alle 10:21 AM ----------

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