Ogni silenzio, ogni omissione, rischia di trasformarsi in un tacito assenso che getta un’ombra gravissima sull’intera categoria venatoria, su chi pratica la caccia in modo etico, rispettoso della fauna, del territorio e della comunità. Forse è giunto il momento di dimostrare con i fatti, non solo con parole, di voler difendere l’immagine e la reputazione della caccia legale come presidio del territorio, gestione faunistica corretta e attività che ha senso solo se pienamente inserita in un quadro di responsabilità e trasparenza.
Inviterei le organizzazioni di categoria a valutare questi passaggi concreti:
- convocare un’assemblea straordinaria per valutare la situazione e deliberare la costituzione di parte civile nel procedimento;
- rendere pubblica una presa di posizione chiara, condivisa, che ribadisca i valori dell’etica venatoria, della legalità e del buon nome del cacciatore responsabile;
- promuovere internamente un’azione di controlli e sensibilizzazione tra gli iscritti, affinché nessuna deriva possa associare la pratica venatoria a comportamenti criminali o paraventi di violenza strutturata.
Se non si interviene ora, il rischio è che lo “shitstorming” mediatico (o l’ondata di scandali che può seguire) travolga la categoria e faccia perdere in un solo colpo il capitale di credibilità che tanti operatori corretti hanno costruito, e cercano di costruire, con fatica e rigore. Invece, agendo con lungimiranza, si può trasformare questa emergenza in un’occasione di rafforzamento della fiducia pubblica.
È un appello che lancio con la convinzione che chi ama la caccia come bene comune, come pratica sostenibile della fauna e presidio del territorio, e non come gesto di prevaricazione, abbia il dovere di farsi promotore di chiarezza e responsabilità. Il silenzio non è più accettabile.
Voi cosa ne pensate?
G. Milana

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